Convertire la lava incandescente di un vulcano in energia elettrica può sembrare un’idea intrigante, ma è in realtà un’impresa estremamente rischiosa e poco praticabile. I vulcani, infatti, non seguono un ciclo prevedibile di eruzioni, e la lava tende a raffreddarsi rapidamente, rendendola inefficace per la produzione di energia.
Nonostante ciò, numerosi Paesi, inclusi gli Stati Uniti, hanno sviluppato tecniche per utilizzare il calore vulcanico nella generazione di elettricità.
L’energia geotermica sfrutta il calore prodotto dai processi naturali che si verificano nelle profondità del nostro pianeta. In molte regioni, questo calore si manifesta sotto forma di rocce calde e acque sotterranee prossime alla superficie. Tuttavia, in aree con elevata attività vulcanica, il calore è molto più intenso e può fondere le rocce, creando magma.
I vulcani agiscono come enormi condotti di calore, spingendo il magma più vicino alla superficie terrestre. Anche se una parte di questo magma può eruttare, la maggior parte rimane nel sottosuolo, riscaldando le rocce e l’acqua circostante. Quando quest’acqua riscaldata affiora, dà origine a fenomeni come sorgenti termali e geyser, che possono persistere per millenni.
Per sfruttare questa forma di energia, gli ingegneri localizzano le zone in cui il magma è vicino alla superficie e perforano profondi pozzi per accedere alle rocce e all’acqua calda. Il vapore estratto viene poi incanalato verso una centrale elettrica, dove aziona turbine per la produzione di elettricità.
Dopo aver generato energia, il vapore si raffredda e si condensa nuovamente in acqua calda, che può essere riutilizzata o reimmessa nel sottosuolo per essere riscaldata nuovamente. Poiché il calore terrestre è costantemente prodotto, l’energia geotermica è una fonte rinnovabile e le centrali geotermiche emettono molte meno emissioni inquinanti rispetto ai combustibili fossili.