Oltre la metà della popolazione mondiale è in grado di parlare più di una lingua, tuttavia solo l’1 percento delle persone può essere considerato un poliglotta, ovvero chi sa parlare cinque o più lingue. Esistono anche gli iperpoliglotti, maestri linguistici che dominano un vasto numero di lingue, anche se non esiste una definizione precisa del numero minimo di lingue richiesto per far parte di questo gruppo d’elite.
La storia è ricca di personaggi affascinanti come Giuseppe Caspar Mezzofanti, cardinale italiano del XIX secolo che, secondo le voci, parlava fluentemente più di 38 lingue, e Sir John Bowring, Governatore di Hong Kong, che affermava di conoscere 200 lingue e di saperne parlare 100. Tuttavia, queste affermazioni non sono mai state pienamente verificate e la storia spesso riporta racconti esagerati e non del tutto veritieri.
Teoricamente, non esiste un limite definito al numero di lingue che un cervello umano può apprendere. È una questione estremamente complessa da quantificare: è più difficile acquisire le basi di centinaia di lingue o approfondire la conoscenza di un numero limitato di esse?
Nel 2018, il New Yorker ha esplorato il mondo degli iperpoliglotti, evidenziando che molti di loro evitano di rispondere alla domanda sul numero esatto di lingue che parlano. In breve, contare il numero di lingue conosciute non è né facile né particolarmente utile. Nessuno può padroneggiare completamente tutte le sfumature di una lingua, e l’idea di farlo è spesso sollevata ironicamente dai monolingui, in particolare dagli americani, come ha sottolineato Richard Simcott, un iperpoliglotta britannico.
Un altro problema riguarda la verifica delle affermazioni degli iperpoliglotti. Ad esempio, Ziad Fazah, semi-celebrità di origine libanese, ha sostenuto di parlare 59 lingue diverse, ma la sua competenza è stata messa in discussione durante un programma televisivo cileno nel 1997, in cui non è riuscito a rispondere correttamente a domande di base in diverse lingue.
Indipendentemente dal numero di lingue parlate, è evidente che il cervello riserva sempre un posto speciale per la lingua madre. Uno studio del MIT condotto all’inizio di quest’anno ha rivelato che i poliglotti attivano le stesse regioni cerebrali quando ascoltano le diverse lingue che conoscono, con un’attività più intensa nelle lingue in cui sono più competenti, ad eccezione della lingua madre.
Secondo Evelina Fedorenko, professore associato di neuroscienze al MIT, diventare un vero iperpoliglotta richiede anni di dedizione, ma anche l’apprendimento di più lingue può portare benefici tangibili. Ad esempio, uno studio del 2020 ha suggerito che il multilinguismo potrebbe ritardare l’insorgenza della malattia di Alzheimer, poiché aiuta a rafforzare e riorganizzare i circuiti cerebrali, distribuendo l’attività in più aree del cervello.
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