La Letologica: Quando le Parole Sfuggono

Giovane donna pensierosa che cerca di ricordare qualcosa su sfondo blu.
Qual era di nuovo il loro nome? (Pixel-Shot/Shutterstock.com)

Se ti sei mai trovato a frugare nel tuo cervello alla ricerca di una parola comune e quotidiana, solo per rimanere a corto di idee, non preoccuparti: succede letteralmente a tutti noi.

Definita letologica, o più spesso uno stato o sindrome della punta della lingua, è un fenomeno universale che coinvolge persone di diverse culture, lingue e fasce d’età. La professoressa di Linguistica e Scienze Cognitive del Pomona College, Lise Abrams, ha sottolineato che “Non puoi parlare con nessuno, in nessuna cultura, in nessuna lingua, in nessun gruppo di età, che non sappia di cosa stai parlando”. Questo fenomeno è così diffuso che persino gli utenti della lingua dei segni possono sperimentarlo, noto in questo caso come sindrome della punta delle dita.

Ogni volta che ciò accade, è estremamente frustrante. Uno studio del 1966 condotto dai psicologi Roger Brown e David McNeill ha registrato che “I segni sono inequivocabili”. Il soggetto coinvolto sembrava essere in una leggera angoscia, simile al limite di uno starnuto, e provava un notevole sollievo una volta trovata la parola desiderata.

Ma perché succede questo fenomeno? Nonostante decenni di ricerca sulla sindrome, non siamo ancora certi delle cause che la scatenano. Teorie precedenti suggerivano che potesse essere il risultato di una scelta errata del nostro cervello, optando per una parola simile fonologicamente ma non corretta. Tuttavia, negli anni successivi, le prove a sostegno di questa ipotesi si sono affievolite, spingendo i ricercatori a cercare nuove spiegazioni.

Alcuni studiosi si sono concentrati sulle teorie della produzione del linguaggio stesso per trovare risposte. Nonostante le divergenze di opinioni, c’è un punto su cui concordano: l’uso del linguaggio è un processo estremamente complesso, con molteplici fasi che possono andare storte. Abrams e la professoressa di psicologia dell’Università della Florida, Danielle Davis, hanno sottolineato che i parlanti devono completare diverse fasi di elaborazione prima di poter articolare con successo una parola.

In particolare, il processo coinvolge la selezione del concetto da esprimere, la scelta di una parola astratta che rifletta il significato del concetto e la specifica delle proprietà sintattiche appropriate. Una volta selezionata, la parola subisce una codifica fonologica per poter essere articolata. Si ritiene che lo stato di punta della lingua si verifichi quando la selezione del lemma appropriato è completata con successo, ma la fase successiva, che traduce quel lemma in suono, fallisce.

Esistono prove circostanziali che supportano questa teoria, spiegando perché a volte possiamo ricordare solo dettagli parziali di una parola, come la prima lettera, nonostante la parola stessa ci sfugga. Tuttavia, ricerche più recenti mettono in discussione questa relazione, suggerendo che la sensazione di quasi ricordare una parola potrebbe essere un’illusione.

Nonostante la mancanza di una spiegazione definitiva, ci sono schemi definiti per i quali le parole sono più suscettibili di finire sulla punta della lingua. Abrams ha evidenziato che il vocabolario poco utilizzato e i nomi propri sono particolarmente soggetti a questo fenomeno, a causa della connessione indebolita tra i loro lemmi e la fonologia.

Sebbene la letologica possa diventare più frequente con l’età, non è necessariamente un segnale di problemi più gravi come la malattia di Alzheimer o la demenza. Abrams consiglia di non preoccuparsi troppo se si sperimenta uno stato di punta della lingua, a meno che non si dimentichino parole comuni e quotidiane.

Per superare questo fenomeno, Abrams suggerisce di cercare strategicamente la parola partendo dalla sillaba iniziale anziché dalla lettera, e di evitare di suggerire nomi alternativi che potrebbero confondere ulteriormente il cervello. Lasciare che la mente lavori autonomamente potrebbe essere la chiave per ricordare la parola desiderata.

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