La Missione DART della NASA: Deviare Asteroidi per Salvare la Terra

I due asteroidi sono visibili in questa immagine. Disymos sembra avere alcuni massi e diverse aree lisce, dimorphos è molto più piccolo e lontano ma sembra più frastagliato.
Didymos e Dimorphos visti da DART prima dell’impatto. (NASA/Johns Hopkins APL)

La missione DART della NASA rappresenta la materializzazione della tecnologia del futuro nel presente. Nel corso del 2022, questa missione ha dimostrato la possibilità di deviare asteroidi potenzialmente pericolosi dalla loro traiettoria di collisione con la Terra. Ciò è stato ottenuto mediante l’impatto di un’astronave contro l’asteroide Didymos e il successivo cambiamento dell’orbita di Dimorphos, la sua luna. Questo evento ha segnato la prima volta in cui l’umanità è riuscita a spostare un corpo celeste, aprendo nuove prospettive e interrogativi sulle conseguenze di tali azioni.

La missione DART ha impiegato un impattatore cinetico, un’astronave delle dimensioni di un’auto lanciata a grande velocità contro un asteroide di circa 150 metri di diametro. L’impatto ha generato una nuvola di detriti e massi che si è estesa ben oltre la coppia di asteroidi. Accanto a DART c’era anche un piccolo CubeSat dell’Agenzia Spaziale Italiana chiamato LICIACube, che ha osservato da vicino la collisione, fornendo preziose informazioni sul suo impatto e sulle conseguenze.

Le nuove simulazioni basate sulle osservazioni effettuate hanno rivelato che i frammenti di Dimorphos potrebbero essere trasportati fino a Marte e alla Terra. Questa scoperta apre la possibilità che future missioni di osservazione su Marte possano rilevare meteoriti generati dall’impatto di DART, aprendo nuove prospettive di studio e ricerca nello spazio.

Uno dei risultati più significativi delle simulazioni condotte è stato individuare le traiettorie di lancio delle particelle provenienti dall’impatto di DART su Dimorphos che potrebbero raggiungere Marte. Grazie alle osservazioni di LICIACube, è emerso che alcune particelle potrebbero raggiungere il pianeta rosso entro circa 13 anni dall’impatto. Questo scenario offre nuove prospettive per la ricerca spaziale e la possibilità di studiare da vicino gli effetti di tali eventi sul nostro sistema solare.

Le simulazioni hanno coinvolto l’utilizzo di strutture di supercalcolo per analizzare milioni di particelle di varie dimensioni e velocità. Si è scoperto che le particelle più veloci potrebbero raggiungere Marte in poco più di un decennio, mentre frammenti più piccoli potrebbero raggiungere la Terra in soli sette anni, viaggiando a una velocità 3,5 volte superiore. Tuttavia, le osservazioni hanno indicato che le particelle più veloci potrebbero non essere abbastanza grandi da generare meteoriti osservabili sulla Terra.

Il team di ricerca sta monitorando attentamente l’evoluzione delle particelle e le loro possibili traiettorie verso la Terra nel corso dei prossimi decenni. Se confermato, questo evento potrebbe segnare la prima pioggia di meteoriti causata dall’intervento umano nello spazio, aprendo nuove prospettive di studio e ricerca.

Le simulazioni condotte non escludono la possibilità che particelle più lente possano raggiungere la Terra, anche se ci vorrà più tempo affinché entrino in orbita e si trasformino in una pioggia di meteoriti. Tuttavia, i ricercatori sono fiduciosi che i nuovi “Dimorphidi” generati dall’impatto saranno facilmente identificabili e osservabili, offrendo nuove opportunità di studio e ricerca nel campo della meteoritica.

Il lavoro di analisi e monitoraggio condotto dal team di LICIACube riveste un ruolo fondamentale nel comprendere meglio la dinamica degli espulsori e dei detriti generati dall’impatto. Ulteriori approfondimenti saranno forniti dalla missione Hera dell’Agenzia Spaziale Europea, che si prefigge di esplorare ulteriormente il sistema Didymos nel 2026, offrendo nuove prospettive e dati per comprendere appieno gli effetti dell’impatto di DART.

Questo studio, che è stato accettato per la pubblicazione su The Planetary Science Journal e reso disponibile su ArXiv, rappresenta un importante passo avanti nella comprensione degli impatti di asteroidi e nel ruolo che l’umanità può svolgere nello studio e nella manipolazione di corpi celesti nel nostro sistema solare.

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