Un gruppo di ricerca internazionale ha identificato 14 fattori di rischio che possono essere modificati per ridurre quasi del 50% la probabilità di sviluppare demenza. Ecco le azioni da intraprendere a livello personale e collettivo per prevenire l’Alzheimer.
Il pericolo di sviluppare demenza, un gruppo di disturbi contraddistinti dal deterioramento mentale e fisico di cui l’Alzheimer rappresenta la forma più comune e diffusa a livello globale, può essere ridotto e prevenuto fino al 45% attraverso una serie di azioni specifiche nel corso della vita, sia a livello individuale che con il supporto della società. Tra queste azioni rientrano l’interruzione dell’abuso di alcol e della sedentarietà, oltre a un’educazione adeguata durante l’infanzia. Gli autori di una nuova ricerca hanno identificato 14 fattori di rischio che, se adeguatamente modificati, possono ridurre in modo significativo le probabilità di contrarre malattie che hanno un impatto devastante sulla salute, sulla società e sull’economia.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), attualmente circa 55 milioni di persone nel mondo soffrono di demenza, e fino al 70% di queste sono affette da Alzheimer. Ogni anno vengono diagnosticati dieci milioni di nuovi casi. Il dato più preoccupante è che, secondo gli esperti, il numero di persone colpite triplicherà entro il 2050, a causa del costante invecchiamento della popolazione. Questo è dovuto al miglioramento delle condizioni di salute e delle cure per molte malattie, mentre le patologie neurodegenerative come l’Alzheimer, non essendo curabili, rappresentano il lato negativo. A essere maggiormente colpiti saranno i Paesi a basso e medio reddito, dove oggi si concentra circa il 60% dei casi.
Nel nuovo rapporto pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, un aggiornamento di due studi precedenti del 2017 e 2020 che avevano identificato 12 fattori di rischio modificabili, sono state analizzate numerose revisioni sistematiche e meta-analisi, evidenziando gli elementi che contribuiscono al declino fisico e mentale di una persona nel corso della vita, culminando nella demenza. Lo studio è stato condotto da un vasto gruppo di ricerca internazionale, guidato da scienziati della Divisione di Psichiatria dell’University College di Londra, sotto l’egida della Lancet Commission on dementia. I ricercatori, coordinati dal professor Gill Livingston, hanno stabilito che affrontando collettivamente e individualmente questi fattori di rischio si può aumentare significativamente il numero di anni vissuti in buona salute e, contemporaneamente, ridurre quelli in cui la salute è compromessa. Il nuovo rapporto ha identificato due ulteriori fattori di rischio associati alla demenza rispetto agli studi precedenti: la perdita della vista, che può essere causata anche da diabete di tipo 2 non trattato, e livelli elevati di colesterolo cattivo, ovvero le lipoproteine a bassa densità (recentemente è stato dimostrato che anche il colesterolo “buono” non è così benefico come si pensava).
Secondo un articolo pubblicato su The Conversation dai professori Eric B. Larson e Laura Gitlin, rispettivamente della Scuola di Medicina dell’Università di Washington e preside emerita dell’Università Drexel, entrambi coautori del nuovo studio, i 14 fattori di rischio individuati su cui è possibile intervenire riguardano diverse fasce d’età. Il primo fattore su cui bisogna agire è l’educazione durante l’infanzia; un buon percorso formativo aiuta a modellare il cervello, rendendolo curioso e incline alla conoscenza. Numerosi studi hanno dimostrato che lo studio e la lettura sono strumenti preziosi per “tenere sotto controllo” la demenza. Per quanto riguarda l’età adulta, i ricercatori raccomandano di affrontare eventuali problemi di udito; smettere di fumare e abusare di alcol; evitare traumi cranici; mantenersi in forma attraverso l’attività fisica; prevenire l’obesità; controllare l’ipertensione e i livelli di colesterolo cattivo; trattare il diabete di tipo 2 e la depressione. Nella terza età si consiglia invece di evitare l’isolamento sociale, trattare i problemi di vista e non esporsi all’inquinamento atmosferico; diversi studi hanno dimostrato che l’esposizione allo smog può favorire l’insorgenza di numerose malattie e della neurodegenerazione. Una ricerca britannica ha rilevato, ad esempio, che vivere in ambienti inquinati aumenta del 40% il rischio di Alzheimer.
Gli autori dello studio sottolineano che lavorando insieme come comunità e individualmente su questi 14 fattori di rischio, a livello globale i casi di demenza potrebbero essere ridotti di quasi la metà, una percentuale che potrebbe essere ancora maggiore nei Paesi a basso e medio reddito, dove si prevede che si concentrerà la maggior parte dei pazienti in futuro. “La commissione ha evidenziato la necessità di ulteriori ricerche per identificare altri fattori di rischio, testare le variazioni dei fattori di rischio negli studi clinici, fornire linee guida per gli sforzi di sanità pubblica e individuare e valutare strategie per implementare e ampliare programmi basati su prove che supportino le persone affette da demenza e chi se ne prende cura,” hanno concluso i professori Larson e Gitlin su The Conversation. Recentemente, un nuovo studio ha dimostrato che gli acidi grassi Omega-3 presenti nell’olio di pesce sono capaci di ridurre il rischio di Alzheimer in un gruppo specifico di persone predisposte alla demenza. I dettagli della ricerca “Dementia prevention, intervention, and care: 2024 report of the Lancet standing Commission” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet.