Potremmo aver trovato il modo di rallentare l’invecchiamento: svolta rivoluzionaria a Singapore

Un team di ricercatori ha identificato un nuovo approccio per rallentare i processi di invecchiamento bloccando una specifica molecola pro-infiammatoria.

Una potenziale strada per arrestare l’invecchiamento, o almeno rallentarlo, mantenendosi giovani e in buona salute, potrebbe consistere nel bloccare l’attività di una specifica citochina pro-infiammatoria, denominata interleuchina-11 (IL-11), una proteina sempre più riconosciuta come promotrice di condizioni associate alla senescenza. È quanto sono riusciti a dimostrare i ricercatori della Duke-National University di Singapore nell’ambito di una scoperta epocale dettagliata in un articolo appena pubblicato su Nature. In studi preclinici, gli studiosi hanno infatti individuato che una causa fondamentale dell’invecchiamento è legata a una maggiore produzione di interleuchina-11 (IL-11) correlata all’età. In particolare, dalle loro indagini è emerso che l’espressione dell’interleuchina-11 aumenta con il passare degli anni e che quantità superiori di questa citochina favoriscono l’accumulo di grasso nel fegato e nell’addome, riducendo contemporaneamente la massa e la forza muscolare, due caratteristiche distintive dell’invecchiamento umano. A partire da questa prima osservazione, i ricercatori hanno quindi esaminato se trattamenti mirati a bloccare l’azione dell’interleuchina-11 potessero proteggere dal declino fisico, con benefici sulla salute e sull’aspettativa di vita. Qualcosa che hanno potuto riscontrare in test di laboratorio su modelli murini, utilizzando un anticorpo neutralizzante attualmente in fase di sperimentazione in pazienti con malattie fibrotiche e infiammatorie.

La chiave per rallentare l’invecchiamento sembra poter risiedere nel bloccare l’attività dell’interleuchina-11, una citochina pro-infiammatoria la cui produzione aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età, promuovendo l’accumulo di grasso a livello addominale, oltre alla perdita di massa e forza muscolare. In tal senso, inibire l’attività dell’interleuchina potrebbe consentire di contrastare il declino fisico associato all’età, come dimostrato dai ricercatori della Duke National University di Singapore che, in modelli murini, hanno osservato miglioramenti significativi. In particolare, la somministrazione di un anticorpo in grado di inibire l’attività dell’interleuchina-11 (un farmaco sperimentale che, come detto, è attualmente in fase di test clinici per la gestione di altre condizioni di salute) ha dimostrato di migliorare il metabolismo di topi di 75 settimane (circa 55 anni negli esseri umani). “Dalla generazione di grasso bianco si è passati al grasso bruno benefico – hanno precisato gli studiosi –. Il grasso bruno scompone lo zucchero nel sangue e le molecole di grasso per aiutare a mantenere la temperatura corporea e bruciare calorie”. Lo stesso trattamento ha inoltre prodotto un miglioramento della funzionalità muscolare e della salute generale, nonché un aumento della durata della vita – pari al 22,5 e al 25 percento in più nei topi maschi e femmine rispettivamente. “La terapia blocca molteplici meccanismi di segnalazione principali che diventano disfunzionali con l’età, offrendo protezione contro la multimorbilità da malattie cardiometaboliche, la perdita di massa e forza muscolare legata all’età e la fragilità – hanno aggiunto i ricercatori -. Oltre a questi cambiamenti, abbiamo riscontrato anche una riduzione nel tasso di accorciamento dei telomeri e una migliore salute a livello mitocondriale”. La scoperta del ruolo dell’interleuchina-11 nell’invecchiamento e degli effetti della sua inibizione rappresenta una svolta epocale in questo campo di ricerca e, sebbene siano necessari ulteriori studi, i ricercatori ritengono che quanto finora osservato possa aprire la strada a nuove ricerche volte a permettere una vita più lunga e in salute. “Il nostro obiettivo è che un giorno questo tipo di trattamenti vengano utilizzati il più ampiamente possibile, in modo che le persone in tutto il mondo possano condurre una vita più sana e più a lungo – ha affermato il dottor Stuart Cook, professore di medicina cardiovascolare della Duke-National University di Singapore e autore corrispondente dello studio -. Non sarà però facile, poiché i percorsi di approvazione per i farmaci per curare l’invecchiamento non sono ben definiti e raccogliere fondi per condurre sperimentazioni cliniche in quest’area è molto impegnativo”.