La straordinaria migrazione della Vanessa cardui attraverso l’Atlantico

Uno studio rivela il sorprendente viaggio transoceanico delle farfalle dipinte, sfidando le leggi della natura e aprendo nuove prospettive sulla dispersione degli insetti nel contesto del cambiamento climatico.

Era il 2013 quando Gerard Talavera, un biologo del Museo Botanico di Barcellona, stava camminando lungo la costa della Guyana francese quando ha avvistò un gruppo di farfalle Vanessa con le ali danneggiate. Una scena davvero sorprendente. Le Vanessa cardui, infatti, non dovrebbero essere presenti in Sud America perché questa specie popola l’Europa e l’Africa; dall’altra parte dell’Atlantico. Eppure si trovavano lì, proprio davanti ai suoi occhi. Dopo oltre dieci anni, Talavera ha trovato la spiegazione all’enigma pubblicando uno studio su Nature nel quale descrive la migrazione delle Vanessa cardui. “Tendiamo a considerare le farfalle come simbolo della delicatezza e bellezza, ma la scienza ci dimostra che possono compiere imprese straordinarie,” afferma il coautore dello studio Roger Vila, ricercatore presso l’Istituto di biologia evolutiva di Barcellona. “Le farfalle dipinte hanno raggiunto il Sud America dall’Africa occidentale, percorrendo almeno 4.200 chilometri sopra l’Atlantico,” ha spiegato in una nota il coautore dello studio Clément Bataille. “Ma il loro viaggio potrebbe essere stato ancora più lungo, partendo dall’Europa e attraversando tre continenti, implicando una migrazione di 7.000 chilometri o più. È un’impresa straordinaria per un insetto così piccolo.

Il viaggio transoceanico delle farfalle Vanessa cardui


La traversata oceanica è una delle più lunghe documentate per singoli insetti ed è la prima verificata. È energeticamente possibile solo se supportata dai venti. “Le farfalle avrebbero potuto completare questo volo solo utilizzando una strategia che alterna uno sforzo minimo per evitare di cadere in mare, facilitato dai venti ascendenti, e un volo attivo, che richiede un maggiore consumo di energia,” spiega l’autore dello studio Eric Toro-Delgado. In questo modo, sono riuscite a compiere un viaggio senza soste sull’oceano che è durato tra cinque e otto giorni. Secondo i ricercatori, questa scoperta è stata possibile attraverso un approccio integrato, grazie a ricerche sul campo costiero, modellazione delle traiettorie del vento, genomica, metabarcoding del polline, modellazione della nicchia ecologica e geolocalizzazione multi-isotopica delle origini natali.

Il riscaldamento globale e la migrazione


Questa scoperta apre nuove prospettive sulle capacità degli insetti di disperdersi su lunghe distanze, persino attraversando mari e oceani. È possibile che stiamo sottovalutando la frequenza e l’impatto di questi movimenti sui nostri ecosistemi,” spiega Talavera. “Nel corso della storia, i fenomeni migratori hanno giocato un ruolo fondamentale nel definire le distribuzioni delle specie che osserviamo oggi.” Inoltre, con il riscaldamento globale e il cambiamento climatico, le migrazioni a lunga distanza potrebbero aumentare, modificando gli ecosistemi esistenti. “Per questo è essenziale promuovere un monitoraggio sistematico della dispersione degli insetti, che potrebbe aiutare a prevedere e mitigare i potenziali impatti del cambiamento globale,” sottolinea Talavera.