L’anestesia generale, sviluppata alla fine degli anni ’40 del 1800, ha rivoluzionato la pratica medica consentendo ai chirurghi di eseguire interventi complessi senza che i pazienti provassero dolore. Nonostante ciò, a distanza di 180 anni, rimangono ancora incertezze sul funzionamento degli anestetici.
Uno studio recente condotto dall’Università del Queensland in Australia ha evidenziato che i farmaci anestetici agiscono su specifici neuroni nel cervello, influenzando le aree legate alla vigilanza e all’attività cerebrale.
Nei cervelli umani, composti da circa 86 miliardi di neuroni, esistono due tipi principali di neuroni: eccitatori, responsabili della vigilanza, e inibitori, che regolano l’attività dei primi. Durante il giorno, questi due tipi di neuroni lavorano per mantenere un equilibrio, fino a quando giunge il momento di dormire.
L’anestesia generale accelera questo processo silenziando i neuroni eccitatori, inducendo così il sonno. Tuttavia, la questione su come gli anestetici mantengano le persone addormentate durante un intervento chirurgico rimane ancora aperta.
Secondo gli autori dello studio, l’anestesia generale interferisce con la comunicazione tra i neuroni, inibendo il rilascio di neurotrasmettitori nei neuroni eccitatori. Questo processo è stato osservato attraverso un microscopio ad alta risoluzione utilizzato per studiare le mosche della frutta.
Sebbene i neuroni eccitatori e inibitori producano proteine simili, esistono differenze sottili che influenzano il rilascio dei neurotrasmettitori. Questo meccanismo complesso è essenziale affinché gli anestetici generali possano agire correttamente.
Il team di ricerca ha dimostrato che i farmaci anestetici bloccano l’inibizione in tutto il cervello, riducendo la neuroesocitosi nei neuroni eccitatori e silenziando i sistemi di attivazione attraverso una potenziazione specifica.
Il prossimo passo sarà comprendere in dettaglio perché questo fenomeno avvenga solo nella comunicazione eccitatoria. L’articolo completo è stato pubblicato su The Journal of Neuroscience.
Links: