Secondo una nuova ricerca, tra il 5 e il 10 percento della popolazione non sperimenta un dialogo interno quasi costante con se stessi, un fenomeno noto come anendofasia. Questo gruppo potrebbe trovare più difficili determinati compiti di risoluzione dei problemi, in particolare quelli che coinvolgono la memoria verbale.
La mancanza di una voce interiore è ancora un mistero, con poche informazioni sulle implicazioni che comporta. Tuttavia, una recente indagine condotta dal team di ricerca ha rivelato che non avere una voce interiore potrebbe influire negativamente sulla memoria di lavoro verbale e sulla capacità di giudicare le rime.
La ricerca, la prima del suo genere, ha coinvolto 46 persone con bassi livelli di discorso interiore e 47 con alti livelli. Gli esperimenti hanno evidenziato che coloro senza una voce interiore erano significativamente peggio nel ricordare parole simili nell’ortografia o nel suono, come “bought”, “caught”, “taut” e “wart”. Questo suggerisce che il discorso interiore può facilitare il processo di memorizzazione.
Un altro esperimento ha chiesto ai partecipanti di identificare coppie di immagini contenenti parole che fanno rima, e anche qui coloro con meno discorso interiore hanno ottenuto risultati inferiori. La capacità di ripetere le parole mentalmente sembra essere cruciale per determinare se fanno rima o meno.
Nei restanti due esperimenti, che testavano la capacità di passare rapidamente tra compiti diversi e distinguere tra figure simili, le differenze nel discorso interiore non sembravano influenzare le prestazioni delle persone.
Il team di ricerca ha concluso che esistono reali conseguenze comportamentali nell’esperienza di meno o più discorso interiore, anche se tali differenze possono essere mascherate dalle strategie alternative adottate dalle persone con anendofasia per ottenere risultati simili.
La co-autrice dello studio, la dott.ssa Johanne Nedergård, ha sottolineato che nonostante le strategie alternative adottate, le implicazioni di queste differenze nel discorso interiore potrebbero essere significative per la risposta delle persone a diversi tipi di terapia.
Pur essendo uno studio di dimensioni ridotte, fornisce una preziosa visione dell’anendofasia e potrebbe aprire la strada a future ricerche per rispondere a molte domande ancora irrisolte su questo fenomeno. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Psychological Science.
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