Per molti anni le sabbie roventi e il terreno estremamente arido del deserto di Atacama sono stati considerati luoghi inospitale e senza vita, ma ora un team di ricercatori cileni e tedeschi ha scoperto un vasto ecosistema di microbi, in grado di sopravvivere fino a 4,2 metri al di sotto della superficie. È un ecosistema quasi nascosto, capace di resistere a condizioni estremamente avverse. Il sottosuolo di Atacama è ormai un habitat sotterraneo da esplorare, con scoperte future che potrebbero aiutare anche a capire come sarebbe possibile la vita su Marte. Per ora, i ricercatori si stanno concentrando sulla comprensione di come questi microbi riescano a vivee in una delle regioni più calde del pianeta Terra. Oltre al clima, il suolo di Atacama presenta alti livelli di salinità ed è estremamente povero di nutrienti. Il fatto che esitano delle forme di vita in quel luogo è davvero impressionante. In un articolo pubblicato sulla rivista PNAS Nexus, i ricercatori spiegano di aver studiato i microrganismi presenti nel sottosuolo del deserto di Atacama basandosi sull’analisi di frammenti di DNA rinvenuti durante gli scavi: ogni 10 centimetri veniva raccolto un campione.
Poiché la regione del Cile non ha un regime regolare di precipitazioni o vegetazione autoctona, gli autori della ricerca affermano che sono questi microbi ad alimentare il flusso di nutrienti verso gli strati più profondi della terra. Nei primi 80 centimetri di profondità, gli esploratori affermano che è comune la presenza di microbi del phylum Firmicutes essendo resistenti alle alte concentrazioni di sale nel terreno e che non necessitano di ossigeno. Tuttavia, scompaiono presto, man mano che si va in profondità.
Azione degli attinobatteri
Quando la squadra ha raggiunto la profondità di 2 metri, hanno individuato nuovi abitanti del sottosuolo di Atacama: gli attinobatteri. Costituiscono un gruppo eterogeneo di batteri con la capacità di vivere in ambienti estremi, come sorgenti termali, mari eccessivamente salati e regioni artiche. L’ipotesi principale è che gli attinobatteri vivessero nella regione circa 19mila anni fa, nei depositi del fiume, quando furono sepolti dai sedimenti. Oggi questi organismi sono in grado di estrarre l’acqua dal gesso – un solfato di calcio idrato, comune nella regione –, essenziale per la loro sopravvivenza. Inoltre, questi batteri sono in grado di utilizzare i gas di scarico. Ad esempio, l’idrogeno diventa una fonte di energia, mentre la CO2 diventa una fonte di carbonio per la crescita. “Questo tipo di metabolismo, chiamato chemiolitoautotrofia, è stato suggerito in altri studi come importante per i terreni iperaridi, dove la materia organica è estremamente limitata come fonte di carbonio”, afferma Lucas Horstmann, ricercatore presso GFZ – Centro tedesco per la ricerca geoscientifica e uno dei autori, in nota. Ora, il team internazionale cerca di comprendere meglio come questi minuscoli organismi si organizzano e influiscono sull’ecosistema del deserto di Atacama, una delle regioni più aride del globo.
Fonte:
https://academic.oup.com/pnasnexus/article/3/4/pgae123/7646996?login=false