Il telescopio Cheops avvista un arcobaleno su un esopianeta

Il satellite europeo Cheops ha osservato i segni del fenomeno simile ad un arcobaleno su WASP-76b, un pianeta infernale distante 637 anni luce.

Cheops, il satellite dell’Agenzia spaziale europea (ESA) dedicato alla ricerca di esopianeti ha individuato, per la prima volta, segni di una ”gloria”, un fenomeno simile ad un arcobaleno composto da anelli concentrici colorati, in un pianeta distante 637 anni luce con un’atmosfera infernale, chiamato WASP-76b. Le glorie, come gli arcobaleni, vengono spesso osservate sulla Terra, soprattutto dagli aeroplani o dagli scalatori sulle cime delle montagne, ma solo in un caso è stata individuato su un altro pianeta, Venere. Fu l’orbiter Venus Express, sempre dell’ESA, a rivelarlo nel 2011 a 70 chilometri sopra la superficie del pianeta. Era largo circa 1.200 chilometri. I dati di Cheops e di altri telescopi della NASA e dell’ESA come TESS, Hubble e Spitzer suggeriscono che tra il calore e la luce insopportabili del lato illuminato dalla stella dell’esopianeta WASP-76b e il lato avvolto in una notte perenne, potrebbe esserci la prima gloria extrasolare. “C’è un motivo per cui una gloria non è mai stata vista prima al di fuori del nostro Sistema Solare: richiede condizioni molto particolari“, spiega Olivier Demangeon, astronomo dell’Istituto di Astrofisica e Scienze Spaziali del Portogallo e autore principale dello studio pubblicato sulla rivista “Astronomy & Astrophysics“. ”Prima di tutto, sono necessarie particelle atmosferiche che siano quasi perfettamente sferiche, completamente uniformi e sufficientemente stabili da poter essere osservate a lungo. La stella vicino al pianeta deve brillare direttamente verso di esso, con l’osservatore – in questo caso Cheope – nell’orientamento corretto”, aggiunge. Se confermata, questa prima gloria esoplanetaria fornirebbe uno splendido strumento per comprendere meglio il pianeta e la stella che lo ha formato.

Ciò che è importante notare è l’incredibile portata di ciò a cui stiamo assistendo”, afferma Matthew Standing, un ricercatore dell’ESA che studia gli esopianeti. ”WASP-76b è a diverse centinaia di anni luce di distanza: un pianeta gigante gassoso intensamente caldo da cui probabilmente piove ferro fuso. E nonostante il caos che regna nella sua atmosfera, sembra che abbiamo individuato potenziali segnali di gloria. “È un segnale incredibilmente debole“, aggiunge.

Un pianeta gonfio


WASP-76b è un pianeta ultracaldo simile a Giove. Sebbene sia meno massiccio del 10%, quasi raddoppia le sue dimensioni. In orbita attorno alla sua stella ospite dodici volte più vicino di quanto lo faccia Mercurio intorno al nostro Sole. Dalla sua scoperta nel 2013, WASP-76b è stato oggetto di un attento esame. È letteralmente un inferno. Un lato del pianeta è sempre rivolto verso la stella e raggiunge temperature di 2.400º C. Qui, gli elementi che formerebbero le rocce sulla Terra si sciolgono ed evaporano, solo per condensarsi sul lato notturno leggermente più fresco, creando nuvole di ferro gocciolante e pioggia di ghisa. Ma gli scienziati sono rimasti perplessi da un’apparente asimmetria, o instabilità, nelle regioni più esterne dell’esopianeta vista mentre passa davanti alla sua stella ospite.

Dopo 23 osservazioni in tre anni, i dati hanno mostrato un sorprendente aumento della quantità di luce proveniente dal bordo orientale del pianeta, dove la notte incontra il giorno. Ciò ha consentito agli scienziati di svelare e restringere il campo dell’origine del segnale. “È la prima volta che viene rilevato un cambiamento così brusco nella luminosità di un pianeta extrasolare, la sua ‘curva di fase‘”, osserva Olivier. Questa scoperta “ci porta all’ipotesi che questo bagliore inaspettato potrebbe essere causato da una riflessione forte, localizzata e anisotropa (dipendente dalla direzione): l’effetto gloria“. Sebbene l’effetto gloria crei motivi simili ad arcobaleno, i due fenomeno sono ben distinti. Gli arcobaleni si formano quando la luce solare passa da un mezzo con una certa densità a un altro con una densità diversa (ad esempio, dall’aria all’acqua), che fa piegare (rifrangere) il suo percorso. Diverse lunghezze d’onda vengono piegate in misura diversa, causando la divisione della luce bianca nei suoi diversi colori e creando il familiare arco circolare di un arcobaleno.

Le glorie, invece, si formano quando la luce passa attraverso un’apertura stretta, ad esempio tra le gocce d’acqua nelle nuvole o nella nebbia. Anche in questo caso, il percorso della luce viene piegato (in questo caso diffratto), creando nella maggior parte dei casi anelli concentrici di colore, con l’interferenza tra le onde luminose che creano motivi di anelli luminosi e scuri. La conferma dell’effetto gloria implicherebbe la presenza di nubi composte da gocce d’acqua perfettamente sferiche, che durano almeno tre anni o che si rinnovano costantemente. Affinché tali nubi persistano, anche la temperatura dell’atmosfera dovrebbe essere stabile nel tempo. La capacità di rilevare effetti sottili così lontani insegnerà a scienziati e ingegneri come rilevare altri fenomeni critici, ma difficili da vedere. Ad esempio, la luce solare riflessa dai laghi e dagli oceani liquidi, un requisito per l’abitabilità. “Sono necessarie ulteriori prove per affermare in modo definitivo che questa intrigante ‘luce extra’ è una gloria rara“, spiega Theresa Lüftinger, scienziata del progetto per l’imminente missione Ariel dell’ESA. “Le osservazioni di follow-up effettuate dallo strumento NIRSPEC a bordo del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA potrebbero svolgere il lavoro. Oppure la prossima missione Ariel dell’ESA potrebbe dimostrarne la presenza. “Potremmo anche trovare colori più gloriosamente rivelatori che brillano su altri esopianeti.