Una delle grandi ricerche in astronomia è quella volta a individuare le prime stelle dell’universo. Queste stelle, nate e morte entro poche centinaia di milioni di anni dal Big Bang, potrebbero solo ora rivelarci la loro luce, dopo aver percorso 14 miliardi di anni attraverso lo spazio per raggiungerci. A distanze così immense, individuare una singola stella in una galassia risulta estremamente complicato, ma molti astronomi ritengono che siamo vicini a far luce su questo mistero, grazie alle dimensioni imponenti di alcune di queste stelle primordiali.
Perché, ci chiediamo, le stelle primordiali erano così enormi rispetto a quelle che popolano l’universo odierno? Per rispondere a questa domanda, è necessario fare un passo indietro e comprendere il contesto e i termini chiave di questa affascinante ricerca.
Attualmente, le stelle di dimensioni gigantesche sono poche, ma estremamente significative se consideriamo il loro raggio e volume. Ad esempio, Betelgeuse, il supergigante rosso più vicino a noi, se collocato al posto del Sole, estenderebbe i suoi confini fino quasi a Giove, con un raggio quasi mille volte superiore a quello del Sole e un volume quasi un miliardo di volte più grande. Queste cifre, sebbene approssimative a causa della natura mutevole della superficie di Betelgeuse, ci danno un’idea della grandezza di queste stelle.
Tuttavia, Betelgeuse è solo uno degli esempi di supergiganti nel nostro universo locale. Stelle come VY Canis Majoris superano di gran lunga le dimensioni del Sole, ma è importante sottolineare che queste stelle giganti hanno raggiunto tali dimensioni espandendosi mentre esauriscono il loro carburante nucleare verso la fine della loro esistenza.
Sebbene le dimensioni siano impressionanti, la massa è un parametro ancora più significativo per una stella. Nella nostra galassia, le stelle più massicce conosciute raggiungono circa 125 masse solari, con un limite stimato tra 100 e 200 masse solari. Queste stelle massicce sono rare, poiché la maggior parte delle stelle ha masse notevolmente inferiori a quella del Sole.
Ma perché allora ci si interessa a stelle celesti con masse ipotetiche di 5.000-10.000 volte quella del Sole? Una recente scoperta di elio illuminato nell’universo primordiale sembra trovare spiegazione se ipotizziamo l’esistenza di stelle con masse 1.000 volte superiori a quelle attuali, cinque o dieci volte oltre i limiti osservati oggi.
Le prime stelle, conosciute come Popolazione III, si sono formate esclusivamente da idrogeno, elio e tracce di litio, prive di tutti gli elementi più pesanti presenti nelle stelle successive. Questi elementi, noti come metalli in astronomia, costituivano una piccola frazione della massa iniziale delle stelle, ma hanno giocato un ruolo cruciale nella loro evoluzione.
Si ritiene che il Big Bang abbia lasciato nubi di gas contenenti circa 1.000 masse solari nei punti in cui la materia oscura raggiungeva il picco. Quando una nube di gas di idrogeno puro collassa, si riscalda a causa della sua energia gravitazionale, avviando il processo di fusione nucleare che porta alla formazione di una stella.
Le prime stelle della Popolazione III, nonostante la presenza di giganti, non erano tutte di dimensioni colossali. Alcuni studi suggeriscono che frammenti di gas più piccoli potrebbero aver dato origine a stelle di dimensioni più contenute, ben al di sotto delle stime attuali.
Questo scenario suggerisce che, sebbene la maggior parte delle prime stelle fosse all’interno del range dimensionale atteso, una piccola percentuale di esse fosse effettivamente gigantesca. Queste stelle massicce avrebbero avuto un impatto straordinario sulla formazione delle galassie, brillando milioni di volte più del Sole e potendo essere visibili per miliardi di anni luce.
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