Aveva foglie lunghe quasi tre metri ed era diverso da qualsiasi cosa scoperta fino ad ora. Stiamo parlando di un albero di 350 milioni scoperto da un team di studiosi che hanno pubblicato la ricerca su Current Biology descrivendo la specie Sanfordia densifolia (questo il nome data alla specie) come “enigmatica”. I fossili di alberi analizzati dal team del Colby College (USA) appartengono in realtà a una regione del Canada chiamata New Brunswick. Oltre a stimare che l’albero originariamente misurasse circa tre metri di altezza e avesse un diametro di 16 centimetri al tronco, foglie sparse su tutta l’area circostante, il team ha anche ricostruito come doveva essere la specie all’epoca. La scoperta dei ricercatori suggerisce una fitta chioma di oltre 250 foglie raggruppate e un tronco sottile e senza rami. Il materiale suggerisce che l’albero sia vissuto nel periodo geologico chiamato Carbonifero, e ricorda che la formazione delle prime foreste fu accompagnata da un processo di competizione tra diversi gruppi di piante. In pratica, ciò significa che ognuno ha cercato di trovare il proprio spazio per ricevere la luce del sole e sfruttare il suolo.
L’articolo descrive le foglie come “spirali strettamente compresse” e gli autori ritengono che il design eccentrico dell’albero abbia l’obiettivo di massimizzare la quantità di luce solare che le foglie catturano per la fotosintesi. L’altezza ridotta suggerisce anche che la specie potrebbe essere uno dei primi esempi di piccoli alberi che si sviluppano sotto la chioma di alberi più alti. “Questa strategia di crescita probabilmente ha massimizzato l’intercettazione della luce e ridotto la competizione per le risorse provenienti dalla copertura del suolo”, stimano i ricercatori. Pertanto, la strategia dell’albero all’epoca prevedeva la crescita verticale il più rapidamente possibile, formando quella che gli esperti chiamano la canopia. “Questo campione mostra che la vegetazione del Carbonifero era più complessa di quanto precedentemente immaginato, segnalando che era un periodo di architetture di crescita sperimentali“, conclude la ricerca.