Si tratta di un’illusione ottica, un errore di segnalazione del nostro sistema nervoso.
Dopo aver effettuato una serie di esperimenti con l’ausilio di un prisma, Isaac Newton (1642-1726) dimostrò che è possibile scomporre la luce bianca in sette colori. Nel 1704 pubblicò le sue conclusioni in “Opticks”, un’opera sulla natura della luce, del colore e di vari fenomeni di diffrazione, che Newton chiamava “inflessione” della luce. Nella nostra retina abbiamo delle cellule -i coni- che assorbono e codificano le diverse lunghezze d’onda provenienti dagli stimoli visivi e che inviano alla corteccia visiva tramite segnali elettrici attraverso il nervo ottico. I colori che percepiamo sono in realtà una costruzione del nostro cervello, che coinvolgono sia le strutture della corteccia visiva e dell’ippocampo che del sistema limbico, aree legate alle emozioni, pertanto la percezione di un colore va ben oltre un semplice processo neurale. In questo modo, il colore è la rappresentazione cerebrale di determinate lunghezze d’onda che raggiungono la nostra retina e vengono interpretate dal nostro cervello. Adesso immaginiamo per un attimo una di quelle volte in cui ci siamo svegliati nel cuore della notte e abbiamo aperto gli occhi. Siamo circondati dal buio, non riusciamo a vedere ciò che ci circonda poiché non abbiamo un punto di riferimento che permetta alle cellule fotosensibili della retina di inviare segnali al cervello. Ora, quel colore è esattamente lo stesso di quello che i nostri occhi distinguono in pieno giorno e che abbiamo chiamato ‘nero’? Innanzitutto il nero non è un colore primario, secondario o terziario, d’altra parte il colore che l’occhio umano percepisce nella completa oscurità in tedesco si chiama ‘Eigengrau‘ tradotto in ”grigio proprio” ed è diverso dal nero. Si tratta, quindi, di un colore più chiaro del nero e che si produce a seguito dell’attivazione spontanea di alcune cellule fotosensibili dei nostri occhi. In qualche modo è una percezione di ‘qualcosa‘ che non corrisponde realmente alla realtà e che potrebbe essere considerato un fenomeno allucinatorio fisiologico.
Eigengrau non è l’unica allucinazione biologica che abbiamo, quando passiamo dalla veglia al sonno abbiamo allucinazioni ipnagogiche, mentre le allucinazioni ipnocampiche si verificano quando ci svegliamo. L’Eigengrau è, quindi, un‘illusione ottica, un prodotto di uno stato confuso del nostro sistema visivo. Anche se non abbiamo una parola specifica per riferirci a questo colore, abbiamo il suo codice esadecimale, #16161d, mentre per il nero usiamo #000000. Questo colore è prodotto perché i nostri bastoncelli hanno una proteina fotosensibile composta da opsina e vitamina A, che è estremamente instabile, il che significa che può perdere spontaneamente la sua integrità, facendo sì che l’occhio invii segnali al cervello, facendogli in qualche modo ‘credere’ che è arrivato un fotone di luce, quando non è realmente accaduto. È un colore instabile che può variare da persona a persona e anche nel tempo. Anche se per molti è sconosciuto, il colore Eigengrau ha da tempo raggiunto la maggiore età, da quando è stato coniato a metà del XIX secolo dallo psicologo teutonico Gustav Theodor Fechner.