Nell’Amazzonia sono state scoperte le rovine di antiche città grazie all’utilizzo di laser che penetrano la giungla. Questi insediamenti urbani enormi sono stati scoperti recentemente grazie a 20 anni di ricerca interdisciplinare che includeva lavori sul campo e mappatura con tecnologia LIDAR (rilevamento e mappatura con luce). Questa tecnologia di imaging rivoluzionaria consente ai ricercatori di scansionare vaste aree di terreno e rilevare le impronte di strutture nascoste che non sono sempre visibili a occhio nudo.
Questa nuova ricerca costituisce il primo e più grande esempio di urbanizzazione nell’Amazzonia scoperto finora. Nel passato recente, gli archeologi hanno scoperto molti insediamenti precolombiani nel bacino amazzonico che sono rimasti non rilevati per secoli, se non millenni.
La civiltà recentemente scoperta è emersa per la prima volta circa 2.500 anni fa, con una significativa costruzione che si è verificata tra il 500 a.C. e il 600 d.C. La vasta rete di città e paesi è composta da almeno 15 siti di insediamento distinti di varie dimensioni, caratterizzati da piattaforme e piazze costruite che sono collegate da grandi strade diritte.
Le numerose scoperte includono circa 6.000 piattaforme rettangolari che misurano circa 20 metri per 10 metri e fino a 3 metri di altezza. Queste strutture sono state realizzate con terra e fango, poiché l’Amazzonia non è un luogo adatto per estrarre pietra.
Gli insediamenti sono descritti come un esempio di “urbanesimo giardino”, in cui le strutture create dall’uomo erano strettamente intrecciate con appezzamenti agricoli, caratterizzati da estesi sistemi di drenaggio e terrazze.
Secondo le storie, i colonizzatori europei hanno incontrato città giganti quando hanno messo piede per la prima volta in Amazzonia. Successivamente, gli insediamenti sono stati inghiottiti dalla giungla. Nel 1925, l’esploratore britannico Percy Fawcett e la sua spedizione sono scomparsi mentre erano alla ricerca della cosiddetta “Città Perduta di Z”, una civiltà enigmatica che credevano fosse nascosta in Brasile.
Queste storie vengono spesso considerate come racconti fantastici, ma ricerche recenti come questa suggeriscono che potrebbero aver avuto ragione.
Gli autori dello studio scrivono nella loro conclusione che “una scoperta del genere è un altro vivido esempio della sottovalutazione del duplice patrimonio dell’Amazzonia: ambientale ma anche culturale, e quindi indigeno. Come molti altri, riteniamo che sia cruciale rivedere approfonditamente le nostre preconcetti sul mondo amazzonico e, nel farlo, reinterpretare contesti e concetti alla luce necessaria di una scienza inclusiva e partecipativa”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science.
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