Il divorzio del sonno: il desiderio di contatto fisico influisce sul sonno condiviso

una donna sembra poco impressionata tenendo un cuscino sulle orecchie mentre il partner russa nel letto accanto a lei

È tutto divertimento e giochi finché non inizia il russare. (Antonio Guillem/Shutterstock.com)

Il numero di persone che preferiscono dormire separatamente, noto come “divorzio del sonno”, sta aumentando. Questo dimostra che condividere il letto con un partner significativo non sempre porta a un sonno riposante. Uno studio condotto su topi ha aggiunto nuove prove a questa discussione. Gli scienziati sanno ancora poco sulle implicazioni della socializzazione sul sonno. Il desiderio di contatto fisico a letto, chiamato “somatolonging”, è stato osservato sia nei topi che negli esseri umani. Durante la pandemia di COVID-19, la mancanza di questo tipo di contatto è stata evidente. Attraverso esperimenti comportamentali, i ricercatori hanno dimostrato che i topi sacrificano la loro posizione preferita per dormire e sopportano una temperatura di sonno inferiore all’ottimale per poter abbracciare un compagno. Utilizzando dispositivi di monitoraggio wireless e registrazioni video, i ricercatori hanno osservato l’attività cerebrale e il comportamento dei topi nel corso di un periodo di 24 ore. Hanno scoperto che i tempi dei cicli sonno/veglia erano sincronizzati tra gli individui che dormivano insieme, così come l’intensità del sonno. I tempi del sonno REM si sincronizzavano tra i topi fratelli maschi che dormivano insieme, ma non tra le femmine o i topi sconosciuti. I topi che si abbracciavano mostravano una fase di sonno non-REM più disturbata. Questi risultati suggeriscono che il contatto fisico con conspecifici porta a una frammentazione del sonno non-REM. Gli autori dello studio sottolineano la necessità di ulteriori studi per comprendere meglio questo fenomeno. Lo studio dimostra che i topi, come molti esseri umani, rinunciano a un sonno indisturbato per poter abbracciare un partner. Gli scienziati non hanno ancora una risposta definitiva sul motivo per cui ciò accade. Lo studio è stato pubblicato su Current Biology.

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