Secondo gli scienziati, se il sonno viene interrotto tra i 30 e i 40 anni può comportare l’insorgenza di problemi cognitivi in età avanzata.
I Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, hanno stimato dal 2014 che 5 milioni di adulti americani di età superiore ai 65 anni vivessero con demenza. La forma più comune di demenza, ovvero il morbo di Alzheimer, rappresenta circa il 60-80% dei casi di demenza, ma il termine descrive anche una serie di altre condizioni caratterizzate da una ridotta capacità di ricordare, pensare e prendere decisioni.
Il sonno svolge un ruolo importante nella salute del cervello e numerosi studi hanno associato i disturbi del sonno a un rischio più elevato di sviluppare demenza. Tuttavia, la maggior parte delle ricerche fino ad oggi si è concentrata sugli impatti dei disturbi del sonno e del deterioramento cognitivo negli anziani.
Newsweek ha riportato le dichiarazioni rilasciate da Yue Leng, professore di psichiatria presso l’Università della California, il Weill Institute for Neurosciences di San Francisco:“Dal momento che la patologia del morbo di Alzheimer inizia ad accumularsi nel cervello molti anni prima dell’insorgenza dei sintomi, è possibile che i disturbi del sonno identificati in tarda età, vicino al momento in cui la perdita di memoria diventa evidente, siano in realtà la conseguenza di questa patologia che si è sviluppata silenziosamente nel corso degli anni”.
Inoltre, Leng e il suo team hanno deciso di studiare come il sonno interrotto tra i 30 e i 40 anni possa influenzare la funzione cognitiva in futuro. Ha poi detto: “Data la lunga finestra senza sintomi del morbo di Alzheimer e l’alta prevalenza di problemi di sonno, la comprensione dei disturbi del sonno di mezza età ha implicazioni significative per la salute pubblica”.
Precedenti studi hanno dimostrato che circa il 30% dei casi di Alzheimer potrebbe essere prevenuti o ritardati apportando modifiche allo stile di vita prima dell’insorgenza dei sintomi clinici.
Kristine Yaffe, autrice senior dell’articolo, ha spiegato: “Questa ricerca contribuisce a un corpo di letteratura che sottolinea la necessità di valutare i fattori di rischio modificabili associati all’invecchiamento cognitivo. Sono necessarie ricerche future per studiare il legame tra disturbi del sonno e cognizione in diverse fasi della vita e per identificare se ci sono periodi di vita critici in cui il sonno è più fortemente associato alla cognizione. Questo potrebbe aprire nuove opportunità per la prevenzione dell’Alzheimer in età avanzata”.