La scoperta scientifica “rivoluziona le teorie finora conosciute” riguardo la formazione degli anelli intorno ai pianeti.
È stato definito dagli appassionati come il ”secondo Saturno” per la presenza, del tutto inaspettata, di anelli. Si tratta del pianeta nano Quaoar, l’oggetto ai margini del Sistema Solare e scoperto solo nel 2002. Il sistema di anelli si trova ad una distanza anomala, finora ritenuta impossibile, dagli scienziati. Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta spinge a ripensare le attuali teorie sulla nascita degli anelli intorno ai pianeti. Le immagini sono state riprese da vari telescopi sulla Terra e dal satellite Cheops dell’Agenzia spaziale europea (Esa). L’analisi dei dati si deve al un gruppo di ricerca internazionale “dei due mondi”, guidato dall’Università federale di Rio de Janeiro, in Brasile, composto anche da due italiani dell’Inaf. Quaoar ha una massa pari a circa due terzi di Plutone e non è l’unico corpo celeste ad avere gli anelli: altri due, infatti, sono l’asteroide Chariklo e il pianeta nano Haumea. Ma ciò che rende unici gli anelli di Quaoar è la distanza, pari a sette volte il raggio dell’oggetto, ovvero doppia rispetto a quella finora ritenuta possibile secondo il “Limite di Roche”, la distanza massima oltre la quale i sistemi ad anelli non sarebbero in grado di sopravvivere. “Alla luce della nuova scoperta, la nozione classica che gli anelli densi sopravvivano solo all’interno del limite di Roche di un oggetto deve essere completamente rivista”, dichiara Giovanni Bruno dell’Inaf, uno degli autori della ricerca.
Quelli di Quaoar sono anelli troppo piccoli e deboli per essere osservati direttamente ed infatti, gli scienziati guidati da Bruno Morgado li hanno scoperti solo quando la luce di una stella sullo sfondo occultata dal pianeta nano. Il fenomeno ha avuto una durata di meno di un minuto, ma è stato inaspettatamente preceduto e seguito da due occultamenti più deboli, che hanno rivelato proprio la di anelli. La scoperta è il frutto delle osservazioni di Cheops, il satellite che ha consentito agli scienziati di eliminare la possibilità che i cali di luce fossero prodotti da disturbi dell’atmosfera terrestre. Lanciato nel dicembre 2019, il satellite dell’Agenzia Spaziale Europea sta analizzando lo spazio anche attraverso degli “occhi” progettati e realizzati dall’azienda italiana Leonardo a Campi Bisenzio, in Toscana.