Il galeone, affondato nel 1708 durante una battaglia, si trova a seicento metri di profondità.
Una nave gigantesca, dotata di tre alberi e ben 62 cannoni, che solcava i mari nel Settecento, un tesoro d’oro, argento e smeraldi è stata riscoperta ad un profondità di seicento metri nel Mar dei Caraibi. Un relitti ricchissimo che ha provocato una battaglia legale tra lo stato della Colombia e un’azienda statunitense. Definita come il “Santo Graal dei naufragi”, la nave spagnola San José che con un equipaggio di 600 persone, si inabissò a poco meno di seicento metri di profondità l’8 giugno del 1708, in seguito ad una dura lotta contro gli inglesi nell’ambito della guerra di successione spagnola. Il galeone ha rappresentato per secoli una leggenda visto che nessuno sapeva la posizione esatta. Fino a quando non è stato scoperto nel 2015 da un rover subacqueo composta da un team di ricercatori statunitensi che ha fotografato un giacimento di ceramiche, anfore, vasi, pietre preziose, rivestiti di strati di concrezioni di conchiglie. Il dibattito ruota, ora, intorno alla proprietà del tesoro stimato di circa 20 miliardi di dollari. Secondo il New York Post il presidente Petro ha ordinato, ora, di riportare a riva la San José dal fondale del Mar dei Caraibi prima della fine del suo mandato, nel 2026.
Ma la questione della proprietà della nave è ancora aperta e ruota essenzialmente intorno a chi l’ha scoperta per prima. Tutto ebbe inizio nel 1981, quando la compagnia statunitense Glocca Morra annunciò il rinvenimento del tesoro della San Josè annunciandone le coordinate mentre la Colombia accettò di ricevere la metà del valore. Ma nel 2015 Juan Manuel Santos riaprì il caso annunciando che la marina aveva scoperto il reale relitto della San José in un’area differente. Le autorità del paese sudamericano non indicarono, però, mai la posizione del relitto. La compagnia Glocca Morra accusò, allora, il paese di aver scoperto lo stesso campo di reperti già individuato negli anni ’80. Il ministro colombiano della Cultura Juan David Correa replicò: ”che i ricercatori hanno visitato le coordinate condivise dalla compagnia (che oggi si chiama Sea Search Armada) concludendo che non ci fosse alcuna traccia di un naufragio nella zona’‘.