I rifiuti nucleari rappresentano un problema serio a causa della loro difficoltà di smaltimento sicuro e dei loro effetti nocivi che possono durare migliaia di anni nel futuro. Questo pone una sfida per proteggere le future generazioni da un pericolo che stiamo creando oggi. Alcuni credono che una possibile soluzione potrebbe coinvolgere gatti che cambiano colore. L’energia nucleare e le armi nucleari sono argomenti divisivi, ma i loro rifiuti sono già presenti. Dal 1954 al 2016, sono stati generati circa 390.000 tonnellate di combustibile esausto, che contiene i sottoprodotti radioattivi più pericolosi. Questi rifiuti vengono prodotti anche durante la produzione di armi nucleari e dalle operazioni di riprocessamento e riciclaggio del combustibile. La quantità di rifiuti nucleari creati è inferiore rispetto a quelli prodotti dalle tecnologie di generazione di energia termica, ma la sfida sta nel loro smaltimento finale. Attualmente, molti paesi conservano i rifiuti nucleari in loco, ma questa è solo una soluzione temporanea. Alcuni paesi stanno valutando la possibilità di depositi geologici profondi per seppellire il combustibile esausto per 100.000 anni. Tuttavia, ci sono preoccupazioni riguardo agli effetti che questi rifiuti potrebbero avere sulle generazioni future. Negli anni ’80, un gruppo di linguisti e scienziati ha cercato soluzioni per ridurre la probabilità che i futuri esseri umani invadano accidentalmente aree in cui sono stati conservati rifiuti nucleari. Hanno suggerito l’uso di simboli o architettura per segnalare luoghi pericolosi. Allo stesso tempo, alcuni hanno proposto l’uso di gatti o altri animali allevati per reagire alla radiazione atomica cambiando colore della pelle. Questa idea è diventata popolare nel 2015 con il movimento Ray Cat Solution, che ha invitato scienziati e artisti a creare una cultura intorno a questi gatti. Non è chiaro se questa sia la soluzione definitiva, ma è importante discutere delle questioni legate allo stoccaggio a lungo termine dei materiali nucleari per sviluppare un’idea che funzioni. Non possiamo ignorare il problema e aspettare che le future generazioni se ne occupino.
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