Individuato nella galassia UZH1, è in un uno stadio di sviluppo mai visto prima d’ora, tale da avere una massa simile a quella di tutto il sistema di stelle che si sta sviluppando intorno.
Un buco nero supermassiccio nell’Alba Cosmica ha battuto il record per essere il buco nero più antico mai avvistato. È stato individuato in una galassia conosciuta come UHZ1, appena 470 milioni di anni dopo il Big Bang, un periodo nel quale l’Universo era ai primordi. Il buco nero oggetto della ricerca è in uno stadio di sviluppo che non abbiamo mai osservato prima con una massa simile alla galassia ospite che si sta sviluppando intorno. È così lontano, con la luce che ha viaggiato per 13,2 miliardi di anni per raggiungerci, che per trovarlo sono state necessarie la potenza combinata dell’osservatorio a raggi X Chandra, del telescopio spaziale James Webb (JWST) e un capriccio della relatività.
Diagramma che illustra il modello di collasso diretto della formazione del buco nero supermassiccio. (NASA/STScI/Leah Hustak)
La scoperta, secondo un team guidato dall’astrofisico Akos Bogdan dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysicals (CfA), costituisce una prova chiave della modalità di formazione del buco nero supermassiccio che richiede il collasso gravitazionale diretto di un’enorme nube di gas. “Ci sono limiti fisici alla velocità con cui i buchi neri possono crescere una volta formati, ma quelli che nascono più massicci hanno un vantaggio“, afferma l’astrofisico Andy Goulding dell’Università di Princeton. “È come piantare un alberello, che impiega meno tempo per crescere fino a diventare un albero a grandezza naturale rispetto a quando si inizia solo con un seme.” Il problema dei buchi neri supermassicci è che sono quasi incomprensibilmente enormi. Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio nel cuore della Via Lattea, ha una massa enorme di 4,3 milioni di volte quella del Sole – ed è relativamente modesto nell’ambito dei buchi neri supermassicci. La scoperta di questo gigantesco buco nero mette in discussione la comprensione dello spazio, perché è troppo massiccio per essersi sviluppato in un periodo di tempo così ridotto. Il modo migliore per capire cosa sta succedendo è, per gli scienziati, cercare di osservarlo per quanto possibile e fare deduzioni basate su ciò che osserviamo, ma la prima parte è molto più facile a dirsi che a farsi. L’Alba Cosmica, che copre il primo miliardo di anni circa dopo il Big Bang, è molto lontana, e qualsiasi luce in quelle zone lontane è molto fioca perché attenuata dall’espansione dello spazio- tempo. JWST è il telescopio spaziale più potente mai costruito e vede l’Universo in quella luce rossa. Per individuare UHZ1, Bogdan e il suo team hanno sfruttato un capriccio della relatività chiamato lente gravitazionale. Questo fenomeno accade quando un’enorme quantità di gravità concentrata in un punto, come la gravità di un ammasso di galassie, fa sì che lo spazio-tempo stesso si curva intorno ad esso. Qualsiasi luce che viaggia attraverso quello spazio-tempo curvo proveniente da parti più distanti dell’Universo può essere ingrandita, replicata e distorta. UHZ1 si trova oltre un ammasso di galassie distante circa 3,5 miliardi di anni luce chiamato Abell 2744, la cui gravità ha causato un ingrandimento quadruplo della luce di UHZ1.
La posizione di UHZ1 ”dietro” Abell 2744. (Bogdan et al., arXiv , 2023)
Ciò significava che JWST poteva discernere la luce della galassia stessa; e Chandra è riuscita a distinguere la radiazione X emessa dal gas che vorticava attorno al buco nero supermassiccio al suo centro. Grazie alla luce, Bogdan e il suo team hanno stimato la massa sia del buco nero che della galassia intorno ad esso. Se il buco nero assorbe materiale alla massima velocità possibile, la sua massa è compresa tra 10 e 100 milioni di volte la massa del Sole. E si tratta della stessa massa del resto delle stelle della galassia UHZ1 messe insieme. Di solito, il rapporto tra la massa di un buco nero e quella della galassia che lo ospita è di circa mezzo punto percentuale. Le masse qui coinvolte suggeriscono che UHZ1 e il suo buco nero sono ancora nelle loro fasi iniziali – e che il seme del buco nero deve essersi formato da un collasso diretto, piuttosto che da una lenta accrescimento. “Pensiamo che questa sia la prima rilevazione di un ‘buco nero fuori misura’ e la migliore prova finora ottenuta che alcuni buchi neri si formino da enormi nubi di gas“, afferma l’astrofisico Priyamvada Natarajan dell’Università di Yale. “Per la prima volta stiamo osservando una breve fase in cui un buco nero supermassiccio pesa circa quanto le stelle della sua galassia, prima di rimanere indietro.” Questo non vuol dire che il modello di accrescimento lento non possa essere vero, almeno per alcuni buchi neri supermassicci. Ma le prove suggeriscono cumulativamente che, almeno nell’Universo primordiale, il collasso diretto è il modo migliore per creare un buco nero super gigante. Nonostante ciò, abbiamo appena scalfito la superficie di ciò che JWST potrebbe trovare nell’Universo primordiale. L’alba oscura dei tempi ha senza dubbio ancora altre sorprese per noi. La ricerca è stata accettata in Nature Astronomy ed è disponibile sul server di prestampa arXiv.