Le simulazioni al computer effettuate dagli scienziati mostrano che il rilascio di agenti patogeni dormienti nel permafrost dei ghiacciai potrebbe già causare un notevole impatto ambientale sul pianeta. Gli esperti hanno creato vari scenari e nel peggiore, verificatosi nell’1% delle possibilità, la biodiversità si è ridotta del 33%. In altri eventi, l’invasione ha imposto drastici cambiamenti nelle specie colpite per sopravvivere agli agenti infettivi. Lo studio combina varie tecniche per valutare le conseguenze del disgelo del permafrost
Il cambiamento climatico, in particolare il riscaldamento globale, minaccia di sciogliere i ghiacciai e il permafrost in luoghi come la Groenlandia, la Siberia e l’Artico, dove sono stati identificati microrganismi antichi e potenziali agenti patogeni, compresi alcuni per i quali noi esseri umani e gli animali potrebbero non avere difese. È difficile misurare il rischio che possono provocare questi virus o altri invasori sconosciuti del disgelo, ma le simulazioni dei ricercatori dell’Università di Flinders, in Australia, possono dare una panoramica di questo futuro. Le scoperte sono state pubblicate sulla rivista scientifica PLOS Computational Biology.
Per simulare l’arrivo di agenti patogeni intrappolati nel ghiaccio per millenni, sono stati utilizzati metodi digitali, in cui gli agenti invasori del passato sono arrivati alle comunità di ospiti batterici. Gli effetti di questa infezione sono stati confrontati con lo sviluppo di comunità simulate di batteri in cui non erano presenti agenti patogeni, osservando come si è sviluppata la biodiversità di entrambi. Il software usato era Avida, una piattaforma di vita artificiale creata dalla Michigan State University. Secondo i risultati, i gli antichi agenti patogeni possono spesso sopravvivere, evolvendosi nel nuovo ambiente: circa il 3% di essi è diventato dominante nelle simulazioni. Circa l’1% degli invasori ha avuto ancora risultati imprevedibili, in alcuni casi causando la morte di un terzo delle specie ospiti, e in altri, aumentando la biodiversità fino al 12% rispetto alle simulazioni in cui non c’erano agenti patogeni nell’ambiente. Mentre il rischio rappresentato da quell’1% di casi di rilascio di agenti patogeni sembra piuttosto ridotto, il numero di microbi antichi che vengono regolarmente rilasciati negli ambienti moderni potrebbe comportare grandi rischi, soprattutto di fronte al cambiamento climatico, che sta sciogliendo sempre più il permafrost in varie parti del mondo. Le sfide per raccogliere dati sui patogeni o progettare esperimenti per testare ipotesi sull’infezione vengono considerate ancora delle speculazioni, ma gli autori dello studio garantiscono che la simulazione rappresenta un’analisi ampia ed accurata di ciò che potrebbe accadere in futuro. Alcuni esperimenti hanno già fatto rivivere virus di 48.000 anni fa e vermi di 46.000 anni fa, per esempio, ma nessuno di loro è risultato dannoso per l’uomo. Gli agenti patogeni sconosciuti che potrebbero invadere l’ambiente odierno e causare problemi sono chiamati dagli scienziati “cigni neri” e, come mostrano i test computazionali, rappresentano un rischio serio e sempre meno lontano di danno ecologico. Gli scienziati concludono che, come società, è necessario comprendere i potenziali rischi di queste invasioni patogene, preparandosi a difendersi da situazioni come quelle simulate e cercare, soprattutto, di prevenire il più possibile il disgelo del permafrost .