La luce che ci raggiunge da quelle lontane nubi di gas risale a quando l’universo aveva solo il 10-15% della sua età attuale.
Un team internazionale di astronomi ha trovato tre nubi di gas con una composizione chimica che per gli esperti corrisponde inequivocabilmente al contenuto delle esplosioni delle stelle più antiche dell’universo. “Per la prima volta, siamo stati in grado di identificare le firme chimiche delle esplosioni delle prime stelle in nubi di gas“, ha commentato Andrea Saccardi dell’Osservatorio di Parigi, che ha guidato lo studio. Sebbene siano scomparse da tempo, “le stelle primordiali possono essere studiate indirettamente rilevando gli elementi chimici che hanno disperso nel loro ambiente dopo la loro morte“, spiega Stefania Salvadori, dell’Università di Firenze e coautrice della ricerca.
Utilizzando i dati acquisiti con lo strumento X-shooter sul Very Large Telescope, situato presso l’Osservatorio europeo meridionale in Cile, il team ha trovato tre nubi lontane nell’universo primordiale con pochissimo ferro, ma molto carbonio e altri elementi. Questo contenuto chimico costituisce una prova inequivocabile delle esplosioni delle prime stelle. La luce che ci raggiunge da quelle nubi molto lontane risale a quando l’universo aveva solo il 10-15% della sua età attuale. Nel suo viaggio attraverso il cosmo, la potente luce dei quasar passa attraverso nubi di gas dove diversi elementi chimici lasciano un’impronta nella luce. L’X-shooter suddivide la luce in una gamma estremamente ampia di lunghezze d’onda, o colori, rendendo possibile l’identificazione di molti elementi chimici diversi in quelle lontanissime nubi lontane. I risultati dello studio sono stati pubblicati mercoledì sull’Astrophysical Journal.