Microplastiche possono entrare nel cervello già 2 ore dopo l’ingestione, lo studio

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Fonte: Twitter/@giornaleprociv

I risultati emersi da uno studio eseguito sui topi hanno rivelato che le microplastiche possono attraversare la barriera emato-encefalica ed entrare nel cervello già dopo 2 ore dal loro ingerimento. È stato scoperto che il cervello dei topi alimentati con micro e nanoplastiche (MNP) li conteneva solo due ore dopo l’ingestione tramite un meccanismo precedentemente sconosciuto alla scienza, e suggerendo che le minuscole plastiche presenti quasi ovunque potrebbero essere ancora più preoccupanti di quanto si pensasse in passato.

Una volta entrate nel cervello, i ricercatori sostengono che le micro e nanoplastiche potrebbero comportare l’aumento del rischio di una serie di gravi malattie. Come ha spiegato Lukas Kenner, uno degli autori principali dello studio: “Nel cervello, le particelle di plastica potrebbero aumentare il rischio di infiammazione, disturbi neurologici o persino malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson”.

Le microplastiche possono entrare nel corpo di un essere umano attraverso l’acqua potabile contenuta in bottiglie di plastica e imballaggi alimentari, e si stima addirittura che 90.000 particelle di plastica sono in grado di entrare in una singola acqua potabile in bottiglia ogni anno.

Dalla loro scoperta, le micro e nano plastiche sono diventate sempre più una crescente preoccupazione per la salute e sono stati implicati come causa di in una serie di malattie anche gravi. I ricercatori hanno osservato come le microplastiche in polistirene di varie dimensioni si riescono a muovere in tutto il corpo e come potrebbero raggiungere il cervello. Il team di ricerca ha somministrato per via orale a tre topi delle particelle per poi eutanasizzarle, da due a quattro ore dopo, consentendo loro di prelevare campioni del cervello e testarle.

Il team ha scoperto che le microplastiche più piccole avevano attraversato la barriera emato-encefalica e raggiunto il cervello dopo appena due ore. Mentre alcune delle particelle più grandi introdotte nei topi non sono riuscite a superare la barriera, indicando quindi che le particelle erano aiutate dalle loro piccole dimensioni.

Il ricercatore Kenner ha poi spiegato che: “Per ridurre al minimo il potenziale danno delle particelle micro e nanoplastiche per gli esseri umani e l’ambiente, è fondamentale limitare l’esposizione e limitarne l’uso mentre vengono condotte ulteriori ricerche sugli effetti degli MNP”.

La ricerca è stata poi pubblicata sulla rivista Nanomaterials.