I dati mostrano un’alta diffusione dell’anemia nelle mummie dei bambini dell’antico Egitto.
Superare l’infanzia nell’antico Egitto era un’impresa non semplice. Mentre alcuni bambini si godevano il lusso di diventare faraone prima di compiere dieci anni, altri lottavano con carenza di ferro e sangue scarsamente ossigenato. A rivelarlo è una nuova analisi delle mummie che ha rivelato come l’anemia fosse un problema comune per i giovani egiziani, portando ad alti tassi di difetti scheletrici, in alcuni casi mortali. L’anemia è una condizione definita dalla mancanza di globuli rossi sani e quindi da una carenza di emoglobina. Questo significa che il sangue non è in grado di trasportare una quantità sufficiente di ossigeno per soddisfare la domanda del corpo. Per determinare la prevalenza del disturbo tra i bambini, i ricercatori hanno esaminato 21 mummie di bambini dell’antico Egitto utilizzando una tecnica chiamata tomografia computerizzata di tutto il corpo. Ciò ha permesso loro di identificare anomalie scheletriche comunemente associate all’anemia, come un ingrossamento della volta cranica, che è la parte del cranio che contiene il cervello. L’età alla morte delle mummie variava da un anno a circa 14 anni. Complessivamente, sette del campione mostravano un ingrandimento patologico della volta cranica, indicando che probabilmente soffrivano di anemia.
Uno, in particolare, soffriva di un eccesso di midollo osseo e secondo gli autori dello studio probabilmente soffriva di una condizione congenita chiamata talassemia. Causato dall’incapacità di produrre emoglobina, il disturbo può ora essere trattato con successo con trasfusioni di sangue e terapie apposute. Tuttavia, tali rimedi non erano ovviamente disponibili nel mondo antico, portando i ricercatori a ritenere che il giovane abbia probabilmente sperimentato “una grave anemia e cambiamenti scheletrici che derivano dall’espansione del midollo osseo“. I pazienti con talassemia non trattati possono essere soggetti a “ritardo della crescita, pallore, ittero, scarsa muscolatura, epatosplenomegalia, masse sviluppate dall’emopoiesi extramidollare e morte prematura, spesso durante l’infanzia“. E come se non fosse bastato, gli studiosi hanno scoperto che lo stesso individuo aveva anche una lingua insolitamente grande. Secondo i ricercatori, questa potrebbe essere la prova di un’altra condizione genetica chiamata sindrome di Beckwith-Wiedemann. Per quanto riguarda i bambini che soffrivano solo di anemia, gli autori dello studio hanno spiegato che la condizione potrebbe essere stata collegata a fattori di rischio “come la diminuzione dell’assunzione di ferro dovuta alla malnutrizione; perdita di sangue gastrointestinale cronica e diminuzione dell’assorbimento, entrambi causati da parassiti; e infiammazione provocata da infezioni croniche.