Una lunga scia di stelle ha segnalato agli esperti la presenza del buco nero.
È stata scoperta dagli scienziati una scia di stelle luminose lunga 200.000 anni luce che si estende tra una galassia lontana e una curiosa formazione. Dopo un attento esame, gli astronomi hanno concluso che ciò che stiamo vedendo è un buco nero iperveloce che solca lo spazio intergalattico. Il passaggio del buco nero sta comprimendo il gas diffuso che esiste anche tra le galassie così da innescare la formazione delle stelle, un fenomeno mai visto in precedenza. Quando il telescopio spaziale Hubble ha scattato un’immagine contenente una linea sottile che si estende da una galassia senza nome a miliardi di anni luce di distanza, gli astronomi l’hanno considerata inizialmente un errore. I raggi cosmici che entrano nella fotocamera possono sembrare graffi, rendendo le strisce in punti inaspettati facili da ignorare. Fortunatamente, il professor Pieter van Dokkum di Yale stava esaminando le immagini d’archivio di Hubble alla ricerca di ammassi globulari attorno alla vicina galassia nana RCP 28 e si è imbattuto in quello sottostante. A un esame più attento, si è reso conto che la linea era diversa da qualsiasi cosa gli scienziati avessero visto prima in tutti i studi del passato sulle galassie lontane. In un nuovo articolo, van Dokkum e coautori hanno rivelato le conseguenze di una fuga ad alta velocità da parte di un buco nero supermassiccio. L’immagine esaminata da van Dokkum mostra una galassia lontana, con una sottile linea di stelle che si estende per il doppio della lunghezza della Via Lattea verso qualcosa di luminoso. La linea di stelle è troppo luminosa e sottile perché la sua lunghezza possa costituire un ponte gassoso intergalattico. La galassia sorgente ha meno dell’1 percento della massa della Via Lattea, ma sta formando nuove stelle altrettanto velocemente, probabilmente a causa di una recente fusione.
Il documento conclude che la scia potrebbe essere creata solo da un oggetto molto massiccio e in rapido movimento che crea un effetto a catena. Gli autori prevedono una massa 20 milioni di volte quella del Sole e cinque volte quella del buco nero Sagittarius A* della Via Lattea. Il sentiero è stato creato in circa 39 milioni di anni, indicando che il buco nero si sta muovendo a 1.600 km/s, una velocità sufficiente per attraversare lo spazio tra la Terra e la Luna in 14 minuti o raggiungere il Sole in 26 ore. “Pensiamo di vedere una scia dietro il buco nero dove il gas si raffredda ed è in grado di formare stelle. Quindi, stiamo osservando la formazione stellare che segue il buco nero”, ha detto van Dokkum in una dichiarazione. Gli autori paragonano l’effetto sul gas che ha attraversato a una scia di vapore acqueo che si condensa dietro un aeroplano nelle giuste condizioni atmosferiche. La scia è luminosa quasi la metà della galassia da cui proviene, una conseguenza del collasso del gas in poche stelle molto massicce che diventano intensamente luminose per periodi molto brevi – astronomicamente parlando. C’è anche un’area molto luminosa attorno al buco nero, che gli autori attribuiscono al gas riscaldato dallo shock dell’arrivo del buco nero, o al disco di accrescimento. “È pura serendipità che ci siamo imbattuti in esso“, ha detto van Dokkum. Se il ponte cosmico non fosse stato nella stessa parte del cielo, ma centinaia di volte più distante, della galassia che stava studiando non sarebbe stato trovato. Questo buco nero è un milione di volte troppo massiccio per essere espulso da un’esplosione di supernova, come accade alle stelle in fuga. L’unica spiegazione plausibile sono le interazioni tra i buchi neri supermassicci di tre galassie che si fondono. Proprio come una terza stella può spostare un membro di un sistema binario, quando due buchi neri orbitano l’uno intorno all’altro, l’arrivo di un terzo può scagliare fuori dal sistema il più leggero dei tre. Gli altri due rimangono in orbita l’uno intorno all’altro, mentre si dirigono nella direzione opposta e ad un ritmo maggiore. Il sistema è così affascinante che è stato dedicato tempo prezioso sia al JWST che all’osservatorio a raggi X Chandra per esplorarlo in modo più dettagliato.