Successivamente all’osservazione di circa 40 anni di dati, gli scienziati hanno identificato un presagio di “smog di plastica” che vive negli oceani del nostro Pianeta e che include più di 171 trilioni di particelle di plastica, pari a circa 2,3 milioni di tonnellate. Questo è ciò che dichiara un nuovo studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE.
Si tratta di una situazione piuttosto allarmante, dato che si tratta di un aumento rapido e senza precedenti, che purtroppo tenderà anche a peggiorare nei prossimi decenni. Come ha spiegato alla CNN Lisa Erdle, direttrice della scienza e dell’innovazione presso l’organizzazione no-profit ambientale 5 Gyres e co-autrice dello studio: “È molto più alto delle stime precedenti”. I dati di tali stime, si basano sulle acque superficiali tra il 1979 e il 2019 raccolti da circa 12.000 stazioni in tutto il mondo.
Più che sui rifiuti di plastica in generale, i ricercatori si sono focalizzati soprattutto sulle microplastiche. Queste particelle sottili, risultano molto pericolose per la vita degli oceani dato che possono essere facilmente ingerite e sono quasi inevitabili nell’acqua dell’oceano, proprio come il sale. Anche se le microplastiche non occorre per forza ingerirle per rivelarsi dannose, difatti, possono anche penetrare facilmente sostanze chimiche tossiche nell’acqua circostante.
La Erdle ha aggiunto: “Abbiamo chiaramente bisogno di alcune soluzioni che abbiano i denti”. Mentre i ricercatori ritengono che la soluzione più consona è quella di “creare accordi internazionali vincolanti e applicabili per prevenire le emissioni di inquinamento da plastica”.
Infine, come ha spiegato al ‘The Guardian’ il principale autore dello studio, Marcus Eriksen, e co-fondatore di 5 Gyres: “La pulizia è inutile se continuiamo a produrre plastica al ritmo attuale, e abbiamo sentito parlare di riciclaggio per troppo tempo mentre l’industria della plastica rifiuta contemporaneamente qualsiasi impegno ad acquistare materiale riciclato o progettare per la riciclabilità”.