Il vulcanismo di Caronte potrebbe essere causato dal suo oceano interno che si congela, si espande e rompe il guscio esterno della luna.
È il più grande delle lune di Plutone e senza dubbio il più interessante, si tratta di Caronte, il satellite scoperto solo nel 1978. Caratterizzato dal polo nord con una calotta di colore rosso, Caronte è stato protagonista di una nuova ricerca di Icarus finalizzata a comprendere l’origine dei suoi canyon e dei criovulcani. Lo studio, dal titolo “The challenges of driving Charon’s cryovolcanism from a freezing ocean” è stato coordinato dal Southwest Research Institute e si è basata sia sulle informazioni raccolte dalla sonda New Horizons della Nasa che su alcuni modelli informatici. New Horizons della Nasa ha rappresentato il primo manufatto terrestre ad aver raggiunto Plutone ai margine del Sistema Solare, dove ha svelato i segreti di un sistema remoto e pieno di sfaccettature. Gli esperti, dunque, hanno analizzato nuovamente i dati di New Horizons in occasione della storica ‘visita’ a Plutone e hanno usato nuovi modelli per capire quali siano le caratteristiche della crosta di Caronte. Questo satellite, alla luce delle analisi geologiche e dei modelli orbitali, potrebbe aver avuto un oceano al di sotto della superficie che, nel tempo, si è congelato. I nuovi dati indicano che i canyon, in particolare Serenity e Mandjet Chasma, si siano prodotti come conseguenza del congelamento dell’oceano sotterraneo. Ghiacciandosi, il bacino avrebbe aumentato il volume producendo tensioni nel guscio ghiacciato di Caronte facendo pressione sull’acqua in basso. La superficie del satellite sarebbe stata messa a dura prova anche dal nuovo ghiaccio in formazione nello strato più interno del guscio. Nei test, inoltre, sono stati proposti anche diverse tipologie di oceano in base alla possibile composizione chimica: uno che si costituisce di acqua, un altro di ammoniaca e un altro nel quale erano presenti tutte e due le sostanze.
Quando le fratture si sono sviluppate lungo la crosta ghiacciata del satellite e si sono fatte ‘sentire’ anche sull’oceano sottostante, l’acqua si sarebbe insinuata attraverso le spaccature, eruttando sulla superficie; questa, secondo il team di esperti, sarebbe all’origine del criovulcanismo. Restano però tante le domande aperte, visto che i modelli dell’interno di Caronte prospettano una ‘corazza’ di ghiaccio troppo spessa per sgretolarsi completamente sotto la forza delle tensioni. Gli esperti, inoltre, credono che sia fondamentale importante analizzare le tempistiche del processo di congelamento dell’oceano: le orbite sincrone e circolari di Plutone e Caronte si sono stabilizzate molto presto, poi il riscaldamento mareale si è verificato solo nei primi milioni di anni della loro storia. Il team di esperti pensa che lo scenario proposto richieda altri studi dell’attività geologica del satellite, soprattutto per quanto riguarda la natura oceanica del criovulcanismo.
Fonte: https://solarsystem.nasa.gov/moons/pluto-moons/charon/in-depth/