Scoperto frammento di un misterioso oggetto romano col metal detector: forse usato per riti magici

Stava vagando in un campo nel nord del Belgio con il suo metal detector quando si è imbattuto in una scoperta a dir poco straordinaria. Lo strumento ha avvertito l’archeologo dilettante Patrick Schuermans della presenza di qualcosa sotto i suoi piedi: quando lo ha individuato si è subito reso conto del fatto che poteva trattarsi di qualcosa di speciale. Schermans si è infatti imbattuto in un frammento di un oggetto romano a 12 facce chiamato dodecaedro . Probabilmente ha più di 1.600 anni, secondo gli esperti del Museo gallo-romano di Tongeren, in Belgio, dove Schuermans ha portato il frammento a dicembre. La sua scoperta sarà ora esposta al museo insieme a un dodecaedro di bronzo intatto trovato nelle vicinanze nel 1939. Il frammento presenta alcune fratture sulla sua superficie, il che suggerisce che qualcuno potrebbe averlo intenzionalmente distrutto durante un rituale, secondo la dichiarazione dell’Agenzia per il patrimonio delle Fiandre.

La scoperta è avvenuta vicino alla città di Kortessem nelle Fiandre e si tratta del secondo dodecaedro trovato nell’area come sottolineato in una nota dalla Flanders Heritage Agency gestita dal governo. Gli esperti ritengono che l’oggetto intero avesse un diametro di due pollici. Sono invece oltre 100 quelli scoperti nell’arco degli ultimi due secoli in tutto il nord Europa secondo Tom Metcalfe di Live Scienze; e hanno tutti dimensioni e pesi diversi, andando da 1,5 a 4,5 pollici e sono stati trovati solo nelle regioni nord occidentali dell’impero romano, molti dei quali in antichi luoghi di sepoltura. Oggetti dei quali però non sono ad oggi state trovate menzioni nei testi scritti tanto che nessuno sa con certezza come i romani li utilizzassero.

I dodecaedri hanno a lungo lasciato perplessi archeologi e storici. Sono tipicamente oggetti geometrici a 12 lati realizzati in metallo con centri cavi. Hanno all’incirca le dimensioni di una palla da baseball e sono punteggiati da grandi fori; le borchie sporgono da ogni angolo. Secondo alcune teorie potrebbero essere stati usati come dispositivi di misurazione, calendari, scettri ornamentali, armi o strumenti. Ma c’è un’altra teoria: i romani potrebbero averli usati per rituali magici, come predire il futuro e la stregoneria, che il cristianesimo , la religione del successivo impero romano, proibì. “Queste attività non erano consentite e le punizioni erano severe”, afferma Guido Creemers , curatore del Museo gallo-romano, a Live Science . “Questo è probabilmente il motivo per cui non troviamo alcuna fonte scritta”. (Immagini: Agenzia per il patrimonio delle Fiandre)