È stata individuata ad una profondità di circa 5 Km sotto il livello del mare, si tratta della sorgente di magma che ha alimentato l’attività dell’Etna nel periodo tra il 2011 e il 2014. Ciò che è stato scoperto è molto importante per valutare il rischio vulcanico a lungo termine; il risultato è stato poi pubblicato su Journal of Geodesy dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
Grazie ai dati raccolti sono state segnate le minime variazioni del campo di gravità che si sono riscontrate su scale temporali di vari anni. Come ha dichiarato Filippo Greco, ricercatore dell’Ingv e co-autore dello studio: “Un dataset di circa 10 anni di misure dell’accelerazione di gravità assoluta, effettuate su uno dei vulcani più attivi al mondo, è senza precedenti e di per sé eccezionale”.
La fonte ANSA riporta anche le parole di Alessandro Bonforte, ricercatore dell’Ingv e co-autore dello studio: “I dati della gravità e delle deformazioni del suolo hanno rivelato che nel periodo tra il 2009 e il 2011 vi è stato un ciclo di ricarica magmatica di questa sorgente, a cui è seguito un successivo ciclo di svuotamento tra il 2011 e il 2014. Durante la fase di ricarica si è verificato solamente un degassamento dai crateri sommitali del vulcano mentre, nel corso della fase di svuotamento, il magma ha alimentato l’eccezionale fase di attività vulcanica registrata tra il 2011 e il 2014, quando si sono verificati numerosi episodi di fontana di lava”.