Il gocciolamento litosferico si produce in determinate condizioni in diverse aree del pianeta.
Come accade in una tisana quando versiamo del miele? La sostanza più densa scende verso il fondo. Ed è quello che accade anche alla superficie del nostro pianeta, come confermato da una ricerca realizzata da un team di esperti dell’Università di Toronto: si tratta del gocciolamento litosferico. In pratica, nel corso dei millenni, lo strato roccioso esterno del guscio terrestre, più denso e freddo, affonda nel mantello, che si costituisce da materiale fluido ed è a temperature molto alte. Questo fenomeno provoca deformazioni significative sulla superficie come bacini, elevazioni, “ripiegamenti” della crosta. Sono vari i tipi di gocciolamento litosferico che avvengono sul nostro pianeta. In Anatolia centrale e il Grande Bacino nell’ovest degli Stati Uniti sono alcuni esempi del fenomeno. Ora, il team di esperti canadesi ha identificato che anche diverse aree regioni delle Ande centrali, in Sud America, si sarebbero sviluppate allo stesso modo.
”Abbiamo scoperto che una deformazione della superficie in una zona delle Ande ha prodotto una valanga della litosfera sottostante – ha raccontato Julia Andersen, autrice della ricerca. A causa della sua alta densità, gocciolava come il miele più in profondità nell’interno; tutto ciò è all’origine di due importanti eventi tettonici nelle Ande centrali: lo spostamento della topografia superficiale dell’area di centinaia di chilometri, la frammentazione e l’allungamento della crosta superficiale stessa. Il gocciolamento litosferico si produce quando diverse sezioni dello strato più basso del guscio esterno della Terra diventano più spessi e iniziano a scivolare nel mantello sottostante quando riscaldate ad una certa temperatura. Man mano che i frammenti sprofondano nel mantello inferiore, viene innescato un movimento verso l’alto della massa terrestre di centinaia di chilometri. Lo sviluppo dell’altopiano delle Ande centrali si è prodotto in seguito allo scivolamento della placca di Nazca sotto a quella placca del Sud America: si tratta del fenomeno indicato dagli esperti come “subduzione”. Tuttavia, con questo studio i ricercatori suggeriscono che l’elevazione dell’altopiano successiva a questo fenomeno, non è stata uniforme e costante nel tempo, ma si sarebbe sviluppata a seguito di sporadici movimenti repentini della crosta, non correlati al processo di subduzione.