Il maremoto, che in letteratura scientifica viene indicato con la parola giapponese tsunami, indica un moto ondoso anomalo del mare di dimensioni spaventose causato il più delle volte da un terremoto sottomarino o vicino la costa e in casi più rari da altri eventi che favoriscono uno spostamento improvviso di una grande massa d’acqua come ad esempio: una frana, un’eruzione vulcanica sottomarina o la caduta di un meteorite o un asteroide. Ad ogni modo, vi è l’esistenza anche di tsunami sottomarini o tsunami interni, come quello che si è verificato di recente in Antartide a seguito del crollo del ghiacciaio William. Malgrado questi ultimi non provochino enormi fronti d’onda, sono in grado in ogni modo di spostare un’elevata quantità d’acqua. Essi si possono riscontrare negli oceani e nei laghi, ma non si scorgono in superficie.
La zona anteriore del ghiacciaio aveva un’altezza di 40 metri sul livello del mare e la quantità di ghiaccio che si è staccata ha avuto una superficie di 78.000 metri quadrati, paragonabili a ben 10 campi da calcio.
Come ha spiegato il professore Michael Meredith, principale autore dello studio capo del gruppo Polar Oceans presso BAS e che era nei pressi del ghiacciaio William al momento del crollo: “Siamo stati fortunati ad essere nel posto giusto al momento giusto. Molti ghiacciai finiscono nel mare e le loro estremità si dividono regolarmente in iceberg. Ciò può causare grandi onde in superficie, ma sappiamo che crea anche onde all’interno dell’oceano. Quando si infrangono, queste fanno sì che il mare si mescoli influendo sulla vita nel mare”. Meredith ha poi aggiunto: “Il nostro tempismo fortuito mostra quanto ancora abbiamo bisogno di imparare su questi ambienti remoti e quanto contano per il nostro pianeta”.