Cambiamento climatico: le foreste possono essere un’arma preziosa, lo affermano due studi

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Fonte: Pexels/Felix Mittermeier

E se la lotta al cambiamento climatico ripartisse dal modo in cui le foreste vengono gestite, e non solo dalla loro conservazione? A dimostrarlo sono stati due studi italiani guidati dall’Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isafom) di Perugia, cui hanno partecipato alcuni tra gli enti di ricerca più importanti della penisola, quali l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), l’Istituto per la BioEconomia del Cnr (Cnr-Ibe), l’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri del Cnr (Cnr-Iret), le Università di Bologna e della Tuscia, la Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc) di Viterbo, nonché ad altri enti di ricerca americani ed europei.

Le ricerche non solo hanno analizzato come le foreste possano essere uno degli aiuti più efficaci contro i cambiamenti climatici, fatto ormai condiviso dall’unanimità del mondo scientifico e accademico mondiale, ma si sono soffermate sull’importanza delle modalità con cui le comunità umane dovrebbero gestirle per ottimizzare quel processo di sequestramento di anidride carbonica che gli alberi già mettono in pratica in autonomia. Pubblicati sulle riviste Science of the Total Environment e Agricultural and Forest Meteorology, i due studi potrebbero cambiare il futuro delle foreste europee, attraverso l’adottamento di strategie innovative per l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Daniela Dalmonech e Riccardo Testolin hanno guidato il primo studio, in cui sono state esaminate sei modalità diverse di gestione forestale basate sul modello sperimentale in corso nel bacino del Boris in Calabria, dove sono prodotti artificialmente boschi di pino larìcio. La diminuzione di stati di abbandono di questi ultimi ha accompagnato la registrazione di una maggiore azione di mitigamento degli effetti del cambiamento climatico.

Dal secondo studio emerge che “una corretta gestione forestale porti a un miglioramento, sia in termini di sequestro che di stoccaggio del carbonio indipendentemente dallo scenario di clima considerato”, come spiega Gina Marano (Politecnico di Zurigo) che, assieme alla dottoressa Dalmonech, ha guidato il secondo studio circa l’impatto del taglio degli alberi sulla capacità di sequestro dell’anidride carbonica.In sostanza, a boschi più curati e gestiti attivamente corrisponde una migliore risposta degli ecosistemi forestali e, dunque, un miglioramento delle capacità di imprigionamento della CO2.