È passato appena un mese da quando Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato dell’azienda Acqua Sant’Anna ha lanciato l’allarme: “La Co2 è introvabile e anche tutti i nostri competitor sono nella stessa situazione. Siamo disperati, è un altro problema gravissimo che si aggiunge ai rincari record delle materie prime e alla siccità che sta impoverendo le fonti. Le aziende di C02 ci spiegano che preferiscono destinare la produzione al comparto della sanità. Noi saremmo disposti a pagarla di più anche se già costava carissima ma non c’è stato verso di fare cambiare idea ai nostri fornitori”.
Oggi l’allarme si propaga e l’emergenza arriva alla produzione della birra. Al momento anche lo stabilimento della birra Menabrea a Biella ha fermato la produzione, e dai vertici fanno sapere: “La carenza di CO2 è un problema anche da noi”. Ma cosa sta succedendo? La causa è l’aumento dei prezzi dell’energia e le difficoltà legate al trasporto, e a quanto pare il prossimo stop avverrà sia per la storica Delirium Tremens belga, che si appresta a fermare l’attività dopo 100 anni,che per la danese Carlsberg che potrebbe chiudere gli stabilimenti in Polonia.
Pietro Di Pilato, consigliere di Unionbirrai e proprietario del birrificio Brewfist di Codogno (Lodi), spiega in un’intervista a La Repubblica: “Il problema nel settore c’è eccome, anche da noi. Ne risentono meno i birrifici più piccoli perché tendono a non utilizzare anidride carbonica nelle fasi di confezionamento, ma quelli di dimensioni medie e grandi pagano le conseguenze della mancanza di materia prima. Non c’è abbastanza anidride carbonica per tutti. Manca soprattutto nella versione liquida: il mio birrificio, per esempio, ne è senza da giugno. Stiamo andando avanti con i pacchi bombole, che però costano circa tre volte tanto e vengono forniti in maniera più discontinua”.