Completamente frantumato, parte del materiale della stella è stato espulso dal buco nero mentre il resto è stato divorato da esso.
Nel 2019, un team di astronomi dell’Università della California a Berkeley ha avuto l’opportunità di osservare l’esempio più vicino di una stella risucchiata e “spaghettificata”, da un buco nero supermassiccio. Il termine “spaghettificazione” è un modo colloquiale per descrivere ciò che accade alla materia quando viene inghiottita da uno di questi oggetti oscuri. La gravità del buco nero è tale che la materia “si assottiglia” in un filamento sottile, come gli spaghetti, che alla fine cade nel buco nero. IN questo caso si trattava di una stella simile al Sole mentre il buco nero che l’ha distrutta, distante 215 milioni di anni luce dalla Terra, era un milione di volte più massiccio. Grazie alla loro relativa vicinanza, gli scienziati sono stati in grado di esaminare la luce della stella al momento della sua morte, in particolare la polarizzazione della luce emessa. E grazie a ciò sono stati in grado di scoprire cosa è successo subito dopo che la stella è stata fatta a pezzi dalle potenti forze di marea gravitazionale. Tuttavia, in questo caso particolare qualcosa ha incuriosito gli scienziati. A differenza di quanto accade normalmente, questa volta gli scienziati non sono stati in grado di rilevare le potenti emissioni di raggi X causate dalla stella lacerata. Ora, in un articolo appena pubblicato su Monthly Notice of the Royal Astronomical Society, i ricercatori suggeriscono che gran parte del materiale della sfortunata stella è stato espulso a una velocità molto elevata, fino a 10.000 km/s (circa 35,5 milioni di km orari), formando una nuvola di gas sferica che ha bloccato la maggior parte delle emissioni ad alta energia prodotte quando il buco nero ha divorato il resto della stella. Precedenti studi sull’esplosione, soprannominata AT2019qiz, avevano già rivelato che gran parte della materia della stella era stata spazzata via dai forti venti generati dal buco nero. Tuttavia, nuovi dati sulla polarizzazione della luce indicano che la nuvola aveva una forma sferica simmetrica.
Secondo Alex Filippenko, coautore dell’articolo, “si tratta della prima volta che qualcuno ha dedotto la forma della nuvola di gas attorno a una stella spaghettificata dalle maree gravitazionali“. La scoperta spiega perché gli astronomi non hanno rilevato radiazioni ad alta energia durante l’evento, come nelle dozzine di casi simili osservati finora. In pratica i raggi X, generati da materiale strappato violentemente dalla stella, trascinati in un disco di accrescimento attorno al buco nero prima di precipitare, sono stati nascosti alla vista degli osservatori dal materiale della stella espulso dai potenti venti del buco nero. “Questa osservazione – spiega Kishore Patra, autore principale dello studio – esclude una classe di soluzioni proposte in teoria e ci dà un vincolo più forte su ciò che accade al gas attorno a un buco nero. Il fatto interessante qui è che una frazione significativa del materiale della stella che si sta muovendo a spirale verso l’interno non cade infine nel buco nero, ma viene espulsa da esso“. Una seconda serie di osservazioni il 6 novembre, 29 giorni dopo l’osservazione di ottobre, ha rivelato che la luce era leggermente polarizzata, circa l’1%, suggerendo che la nuvola si era assottigliata abbastanza da rivelare la struttura gassosa asimmetrica attorno ad essa del buco nero. “Gli studi sulla polarizzazione sono molto impegnativi – aggiunge Patra – e pochissime persone in tutto il mondo conoscono la tecnica abbastanza bene da usarla. Quindi questo è un territorio inesplorato per eventi di interruzione delle maree”. I ricercatori hanno calcolato che la luce polarizzata è stata emessa dalla superficie di una nuvola sferica con un raggio di circa 100 unità astronomiche, cioè 100 volte più lontana dalla stella di quanto lo sia la Terra dal Sole, separata da una distanza di 150 milioni di chilometri.