Si tratta della prima osservazione del genere effettuata dagli scienziati.
I buchi neri rappresentano, per certi versi, dei potenti ”motori” cosmici perché forniscono l’energia ai quasar e ai nuclei galattici attivi (AGN). Ciò è dovuto all’interazione della materia con i suoi potenti campi gravitazionali e magnetici. Tecnicamente non è il buco nero ad avere un campo magnetico, ma il plasma denso che lo circonda nel disco di accrescimento. Mentre il plasma gira intorno al buco nero, le particelle cariche al suo interno generano una corrente elettrica e un campo magnetico. La direzione del flusso di plasma non cambia spontaneamente, quindi si potrebbe immaginare che il campo magnetico sia relativamente stabile. Una condizione che ha provocato non poca sorpresa, tra gli scienziati, quando hanno avuto le prove che il campo magnetico di un buco nero aveva subito un’inversione magnetica. In parole povere, un campo magnetico può essere immaginato come quello di un semplice magnete, con un polo nord e uno sud. Un’inversione magnetica accade quando l’orientamento di quel polo immaginario e quello del campo magnetico si ribaltano. Si tratta di un fenomeno comune tra le stelle.
Il nostro Sole inverte il suo campo magnetico periodicamente come anche la Terra subisce inversioni magnetiche ogni poche centinaia di migliaia di anni, ma non si pensava, fino ad oggi, che le inversioni magnetiche potessero accadere anche nei buchi neri supermassicci. Nel 2018, uno studio approfondito ha portato alla scoperta di un cambiamento improvviso in una galassia distante 239 milioni di anni luce. Conosciuta come 1ES 1927+654, la galassia si era improvvisamente illuminata nella luce visibile. Subito dopo la sua scoperta, l’Osservatorio Swift ha catturato il suo bagliore nei raggi X e nell’ultravioletto. Una ricerca di osservazioni d’archivio della regione ha mostrato che la galassia ha effettivamente iniziato ad illuminarsi verso la fine del 2017. All’epoca si pensava che il fenomeno fosse causato da una stella che passava vicino al buco nero supermassiccio della galassia. Un incontro così ravvicinato causerebbe un evento di interruzione delle maree, che farebbe a pezzi la stella e interromperebbe il flusso di gas nel disco di accrescimento del buco nero. Ma il nuovo studio getta un’ombra su quell’ipotesi. Il team ha esaminato le osservazioni del bagliore galattico attraverso l’intero spettro della luce, dalla radio ai raggi X. Una delle cose che hanno notato è che l’intensità dei raggi X è calata molto rapidamente. I raggi X sono spesso prodotti da particelle cariche che ruotano a spirale all’interno di intensi campi magnetici, perciò hanno suggerito un improvviso cambiamento nel campo magnetico vicino al buco nero. L’intensità della luce nel visibile e nell’ultravioletto è aumentata, suggerendo agli scienziati che parti del disco di accrescimento del buco nero si stavano riscaldando. Nessuno di questi effetti è quello che gli scienziati si aspetterebbero da un evento di interruzione delle maree mentre un’inversione magnetica si adatta meglio ai dati rilevati. Come il team ha mostrato, quando un disco di accrescimento di un buco nero subisce un’inversione magnetica, i campi si indeboliscono prima ai bordi esterni del disco di accrescimento. Di conseguenza, il disco può riscaldarsi in modo più efficiente. Allo stesso tempo, il campo magnetico più debole significa che le particelle cariche producono meno raggi X. Una volta che il campo magnetico ha completato la sua inversione, il disco torna al suo stato originale. Questa appena osservata è la prima osservazione dell’inversione magnetica di un buco nero galattico mai osservata. Ora sappiamo che possono verificarsi, ma non sappiamo quanto siano comuni queste inversioni.