Formatasi ben 4280 anni fa a seguito dell’ultima eruzione dei Campi Flegrei, la Solfatara è un’area di 0,35 km quadrati che non rappresenta un semplice cratere vulcanico ma un maar, vale a dire una particolare depressione formatasi a seguito di eruzioni nelle quali sono state coinvolte sia acqua di falda che magma. Si tratta di uno dei ben 40 vulcani della caldera dei Campi Flegrei ed è una delle zone vulcaniche potenzialmente più pericolose del nostro continente. Famosa in particolare per il suo cosiddetto magmatismo secondario, la Solfatara è quindi interessata da fenomeni quali emissioni gassose di anidride carbonica e composti di zolfo, emissioni di gas e vapore acqueo ed addirittura argilla e gas.
I fluidi che penetrano nel terreno della Solfatara si scaldano per via della camera magmatica nel sottosuolo e risalgono successivamente in superficie. Potrebbero essere paragonati ad una sorta di geyser ma in questo caso parliamo di emissioni decisamente più contenute. Caratterizzata da un marcato odore di uova marce, la causa di questo particolare odore è da ricercare nell’anidride solforosa mentre altre sostanze come mercurio e solfuri di arsenico conferiscono invece alle rocce circostanti un colore giallastro tipico della zona. Sebbene si tratti, come abbiamo appena visto, di una zona a rischio vulcanico estremamente forte, è impossibile come sempre prevedere un’eventuale eruzione.
In ogni caso a controllare costantemente la situazione pensa la rete di monitoraggio dell’INGV. Proprio a seguito delle costanti rilevazioni, circa 16 anni si è constatato un significativo aumento della temperatura delle emissioni di CO2 della zona. La correlazione con una risalita della camera magmatica è solo una delle possibilità sulle quali la rilevazione pone attenzione. L’aumento di temperatura potrebbe infatti anche dipendere dall’aumento dei fluidi magmatici che, a loro volta, potrebbero giustificare l’aumento dei fenomeni sismici della zona nei pressi di Pozzuoli.