Per gli esperti i dati reali dell’infezione sarebbero 97 volte maggiore.
Fino al 65% degli africani sarebbe stato infettato dal coronavirus, secondo un nuovo studio sulla sieroprevalenza condotto dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). La ricerca mostra come il numero effettivo di infezioni potrebbe essere 97 volte superiore al numero di casi confermati, mentre si ritiene che la media globale sia di ”appena” 16 volte superiore. Sempre secondo la ricerca il tasso di infezione è aumentato considerevolmente dopo la comparsa delle varianti beta e delta. La sieroprevalenza varia ampiamente tra i vari paesi dell’Africa e tra le zone degli stessi stati. Con picchi più alti nelle aree urbane densamente popolate rispetto alle zone rurali meno abitate. Anche tra gli stessi gruppi di età sono state registrate mutazioni con i bambini di età compresa tra 0 e 9 anni che presentano un numero inferiore di infezioni rispetto agli adulti. In ogni caso sembra che il virus abbia colpito più le regioni dell’Africa orientale, occidentale e centrale. Il continente si differenzia dalle altre regioni per l’alto numero di casi asintomatici, con il 67% degli infettati senza sintomi.
“Questa analisi mostra che gli attuali casi confermati di COVID-19 sono solo una frazione del numero effettivo di infezioni nel continente“, ha affermato il dottor Matshidiso Moeti, direttore regionale dell’OMS per l’Africa. “Questa sottostima si sta verificando in tutto il mondo e non sorprende che i numeri siano particolarmente elevati in Africa, dove ci sono così tanti casi senza sintomi”. Gli studi di sieroprevalenza forniscono dati su infezioni asintomatiche o sottostimate che potrebbero non essere state rilevate dai test diagnostici di routine, che in Africa si sono concentrati sui viaggiatori e sulle persone che sono arrivate in ospedale con sintomi di COVID-19. Sebbene questa nuova analisi fornisca informazioni sull’evoluzione della pandemia, i test di routine rimangono una componente fondamentale della pandemia di COVID-19 in tutti i paesi.