L’allarme di Greenpeace: ”il paese sta aumentando l’utilizzo di combustibili fossili”.
Mentre continuano gli incontri dei leader mondiali in occasione del COP26, in Scozia, per limitare gli effetti dei cambiamenti climatici, uno dei paesi che produce più inquinanti fossili al mondo, la Cina, sta vivendo una vera e propria emergenza. Da alcuni giorni una spessa coltre di smog ha ricoperto alcune aree del nord del paese riducendo la visibilità a meno di 200 metri. Una situazione drammatica che ha spinto le autorità ad interrompere le attività all’aperto nelle scuole di Pechino. Provvedimenti simili sono stati presi a Shanghai, Tianjin e Harbin, dove sono state precluse al traffico varie arterie stradali. La concentrazione di sostanze inquinanti ha raggiunto livelli definiti “molto malsani” per l’uomo con concentrazioni di particolato PM 2,5 a 230 μg/m3, notevolmente superiori del limite di 15 μg/m3 indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Si tratta di una sostanza molto pericolosa, perché in grado di penetrare in profondità nei polmoni e provocare patologie respiratorie anche molto gravi.
Per le autorità cinesi il picco di inquinamento rappresenta una conseguenza della combinazione di “condizioni meteorologiche sfavorevoli“, ma per Danqing Li, responsabile per il clima e l’energia di Greenpeace in Asia orientale, la “causa principale dello smog in Cina, in questi giorni, è la combustione di combustibili fossili“, su cui il paese fa affidamento per il 60% della produzione di energia. E proprio negli ultimi giorni la Repubblica Popolare ha annunciato un ulteriore aumento della produzione di carbone per soddisfare la carenza di energia che nei mesi scorsi aveva spinto alcune industrie a chiudere.