I segnali sono stati registrati nei due giorni in cui il nuovo rilevatore di onde gravitazionali ad alta frequenza, risultava operativo.
Un gruppo di ricercatori della University of Western Australia ha rilevato ”dei segnali rari”, probabilmente delle onde gravitazionali ad alta frequenza, fino ad ora mai registrate. Le onde, scoperte grazie ad un dispositivo sviluppato in collaborazione con l’ARC Center of Excellence for Dark Matter Particle Physics (CDM), potrebbero essere state prodotte da un buco nero primordiale, ovvero non formato in seguito al collasso gravitazionale di una stella, ma per l’estrema densità dell’universo all’inizio della sua espansione, subito dopo il Big Bang. Prevista da Albert Einstein che sosteneva come il moto degli oggetti astronomici potesse inviare onde nella curvatura dello spazio-tempo, l’esistenza delle onde gravitazionali è stata confermata nel 2015 con la prima rilevazione di un segnale di questo tipo. Da allora è iniziata una nuova fase di ricerca delle onde gravitazionali, ma gli strumenti attuali hanno sensibilità solo per i segnali a bassa frequenza, come quelli emessi dalla fusione di due buchi neri o da una stella catturata da un buco nero. Mentre il rilevamento delle onde ad alta frequenza rimane un ambito piuttosto inesplorato dell’astrofisica.
Grazie al nuovo rivelatore, progettato per individuare le onde gravitazionali ad alta frequenza, sono stati registrati eventi in ciascuno dei due giorni di esperimenti che si sono svolti a maggio e a novembre del 2019. Il dispositivo è costituito da un disco di cristallo di quarzo, in grado di vibrare ad alte frequenze, a causa delle onde acustiche che lo attraversano. Queste onde generano una carica elettrica rilevata da piastre conduttive poste sulle superfici esterne del disco. L’apparato è collegato a un dispositivo di interferenza quantistica superconduttore, noto come SQUID, che funziona come un amplificatore di segnale a bassa tensione. Il team di esperti sta, ora, lavorando per determinare la natura dei segnali rilevati, che oltre ad essere onde gravitazionali, potrebbero anche rappresentare il risultato della formazione di sollecitazioni meccaniche nel disco stesso, un passaggio di una meteora, un processo atomico interno o addirittura l’interazione del rivelatore con particelle massicce di materia oscura. Michael Tobar, docente membro del team, ha osservato come “lo sviluppo di questa tecnologia potrebbe fornire la prima rilevazione di onde gravitazionali a queste alte frequenze“, che offre “una nuova prospettiva” in quest’area dell’astronomia delle onde gravitazionali. “Per la prossima generazione dell’esperimento, sarà costruito un clone di questo rivelatore e un rivelatore di muoni sensibile alle particelle cosmiche. Se i due rivelatori trovano la presenza di onde gravitazionali, avremo raggiunto un traguardo emozionante“, ha concluso il ricercatore.
Fonte:
https://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.127.071102