Attraverso ad un’esplosione, gli esperti sono riusciti a ricostruire ciò che accade ad una stella che cade in in un buco nero intermedio.
In un articolo pubblicato sulla rivista scientifica The Astrophysical Journal, un team di astronomi guidati da Sixiang Wen, ricercatore associato presso lo Steward Observatory dell’Università dell’Arizona (USA), ha spiegato come siano riusciti a determinare la massa di un buco nero in seguito alla distruzione di una stella. Quando una stella viene inghiottita da un buco nero, si verifica quello che gli astronomi chiamano un “evento di interruzione delle maree“. La distruzione della stella è accompagnata da un’esplosione radioattiva che produce una luminosità superiore a qualsiasi stella nelle vicinanze. I ricercatori hanno analizzato i dati dei raggi X emessi dall’esplosione e, confrontandoli con sofisticati modelli teorici, hanno determinato come questa esplosione abbia avuto origine da un incontro tra una stella e un buco nero, in passato sfuggito alle osservazioni. “Il fatto che siamo stati in grado di catturare questo buco nero mentre stava divorando una stella offre una straordinaria opportunità per osservare ciò che altrimenti sarebbe invisibile”, ha detto Ann Zabludoff, professore di astronomia dell’Arizona e co-autrice del documento. “Non solo, analizzando l’esplosione abbiamo compreso meglio questa sfuggente categoria di buchi neri, che potrebbe benissimo costituire la maggior parte dei buchi neri al centro delle galassie“, ha aggiunto. Dozzine di eventi di interruzione mareali sono stati osservati al centro di grandi galassie che ospitano buchi neri massicci, e alcuni sono stati osservati anche al centro di piccole galassie, che potrebbero contenere, invece, dei buchi neri intermedi. Tuttavia, mai prima d’ora era stato dimostrato un fenomeno di questo tipo in un buco nero intermedio.
“Grazie alle moderne osservazioni astronomiche, sappiamo che i centri di quasi tutte le galassie di dimensioni simili o maggiori della nostra Via Lattea ospitano buchi neri supermassicci“, ha spiegato Nicholas Stone, docente presso l’Università Ebraica di Gerusalemme e coautore dello studio. “Questi giganti hanno dimensioni comprese tra un milione e 10 miliardi di volte la massa del nostro Sole e si trasformano in fonti di radiazioni elettromagnetiche quando troppo gas interstellare cade nelle loro vicinanze”. Da parte sua, Peter Jonker, anche lui coautore dell’articolo, sottolinea come gli scienziati sanno ancora molto poco dell’esistenza di buchi neri nei centri di galassie più piccole della Via Lattea. “A causa dei limiti osservativi, è difficile scoprire buchi neri centrali molto più piccoli di un milione di masse solari”, ha aggiunto. Le origini dei buchi neri supermassicci rimangono sconosciute e, secondo Jonker, molte teorie diverse sono attualmente sul tavolo per spiegarne l’origine. Nel frattempo, gli astronomi ritengono che i buchi neri di massa intermedia potrebbero essere la base da cui crescono i buchi neri supermassicci. “Quindi, se riusciamo a capire meglio quanti buchi neri intermedi autentici ci sono, riusciamo a determinare se le teorie sulla formazione dei buchi neri supermassicci siano corrette“, ha concluso Jonker.
https://news.arizona.edu/story/what-it-looks-when-black-hole-snacks-star