Gli archeologi hanno evidenziato come l’analisi dei resti offra un’opportunità unica per esaminare gli stili di vita dell’antica comunità romana.
Un team di ricercatori europei, guidati dal team BioArCh dell’Università di York (Regno Unito), hanno sviluppato un nuovo metodo per analizzare gli amminoacidi presenti negli scheletri degli abitanti dell’antica città romana di Ercolano, in Campania, distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. La ricerca è stata pubblicata questo mercoledì sulla rivista Science Advances. Il gruppo di ricerca, finanziato dalla Commissione Europea, si pone l’obbiettivo di individuare l’esatto periodo nel quale l’agricoltura fece la comparsa nella storia dell’uomo e le conseguenze che la rivoluzione neolitica ha avuto sulla dieta umana delle regioni del Mediterraneo occidentale. Il dibattito sulle origini dell’agricoltura non è ancora considerato chiuso e viene ora affrontato attraverso l’applicazione di nuove analisi biomolecolari dei resti ossei, come l’analisi del DNA e degli isotopi stabili.
Analizzando il collagene nei resti di 17 scheletri adulti, undici uomini e sei donne, morti dopo l’eruzione, Oliver Craig, Direttore di BioArCH del Dipartimento di Archeologia, ha sottolineato come i resti dimostrino come i Romani avessero una dieta differenziata per sesso. In pratica le donne mangiavano più carne, uova, latticini, frutta e verdura coltivate localmente, mentre gli uomini si alimentavano di pesce e cereali, i prodotti più costosi. Le differenze nelle diete possono derivare da diverse occupazioni o restrizioni causate da una distribuzione ineguale del potere. Silvia Soncin, una delle autrici della ricerca, precisa, invece, che i suoi colleghi suppongono che “gli uomini avevano maggiori probabilità di dedicarsi direttamente alla pesca e alle attività marittime, occupavano generalmente posizioni più privilegiate nella società e si liberavano dalla schiavitù in giovane età, dando loro maggiore accesso a prodotti costosi.“