La luminosità può essere osservata fino a 20 metri di distanza.
La capacità di un organismo vivente di assorbire la luce e riemetterla a una diversa lunghezza d’onda, fenomeno noto come biofluorescenza, è una delle caratteristiche più notevoli nel regno animale, ed è stata documentata principalmente nelle specie marine. Tuttavia, una ricerca recente ha identificato sempre più organismi terrestri che possono emettere luce; per ultimo i bozzoli di diverse specie di vespe asiatiche. In uno studio pubblicato questo mercoledì sul Journal of the Royal Society, un team di ricerca internazionale ha scoperto come i nidi di diverse specie di vespe del genere “Polistes“, note come ”vespe di carta”, abitano nelle foreste tropicali settentrionali del Vietnam, mostrano un intenso bagliore verde fluorescente che può essere visto dagli esseri umani da diversi metri di distanza quando illuminato con luce nera ultravioletta. Durante le indagini, gli esperti hanno analizzato gli spettri di fluorescenza dei nidi delle specie ‘Polistes brunetus’, ‘P. lepcha ‘,’ P. japonicus’ e una specie non identificata di ‘Polistes’, scoprendo bande di emissione strette nella gamma verde dello spettro visibile, oltre a rese quantiche di fluorescenza fino al 35% , una delle più potenti mai registrate nel regno animale. Una serie di test al microscopio ha rivelato la presenza di fluorescenza specifica nei bozzoli di fibre che avvolgono le larve, suggerendo che i fluorofori, i composti chimici responsabili della fluorescenza, siano presenti in una proteina la seta prodotta dalle vespe.
Attualmente, le possibili funzioni biologiche della fluorescenza del biomateriale studiato non sono del tutto chiare. In questo senso, una delle ipotesi suggerisce che se le vespe possano vedere l’intenso bagliore verde, il cui spettro è all’interno del raggio visivo generale di questi insetti, la biofluorescenza potrebbe funzionare come una sorta di marker che li aiuta a identificare il loro nido, soprattutto all’alba e il tramonto, quando c’è della luce ultravioletta proveniente dal sole. Un’altra possibilità, sottolineano i ricercatori, è che le proteine fluorescenti proteggano le larve in via di sviluppo assorbendo le dannose radiazioni ultraviolette del Sole, impedendole di entrare nel bozzolo. Allo stesso modo, si sospetta che la luce verde aggiuntiva possa aiutare le più giovani nel loro sviluppo rafforzando il ciclo giorno-notte, come una sorta di lampada solare, durante le giornate nuvolose o piovose. Ora, gli accademici hanno in programma di continuare i loro studi per identificare e isolare il composto proteico che provoca il bagliore nella seta di vespa, con l’intenzione di scoprire una nuova fonte di biofluorescenza che ha rivoluzionato la scienza biomedica.