L’allarme degli scienziati di tutto il mondo: “Potrebbero nascere feti chimera di cui non sappiamo nulla”.
Un esperimento molto discusso ha portato alla creazione dei primi ”embrioni chimera” uomo-scimmia. Si tratta del risultato di uno studio, i cui dettagli sono stati resi noti sulla rivista Cell, realizzato dall’istituto americano Salk, nel quale le cellule staminali umane sono state trasferite in embrioni di scimmia. Per gli esperti il risultato della ricerca rappresenta un passo importante per capire il meccanismo di formazione delle patologie legate allo sviluppo che oggi sono impossibili da analizzare, per il limite di 14 giorni imposto agli studi sugli embrioni umani. Nella ricerca 25 cellule staminali umane sono state portate su embrioni di scimmie, giunte al sesto giorno di sviluppo. Si trattava di cellule umane pluripotenti indotte, ovvero cellule adulte fatte regredire nello sviluppo e che possono integrarsi sia con i tessuti embrionali veri e propri, sia con i tessuti che aiutano l’embrione a svilupparsi. Dopo un giorno dall’inizio dell’esperimento, le cellule dell’uomo si erano integrate in 132 embrioni e dopo 10 giorni erano 103 gli embrioni che continuavano a svilupparsi. Trascorsa questa fase gli embrioni hanno registrato i primi problemi fino alla morte di gran parte degli embrioni, avvenuta 19 giorni dopo, quando solo tre chimere erano ancora in vita.
“Alla luce dell’impossibilità di realizzare sperimentazioni sugli embrioni umani, è importante usare modelli che possano consentire le ricerche appropriate per capire la biologia umana e le malattie“, dichiara il coordinatore dello studio Juan Carlos Izpisua Belmonte, ricercatore del Laboratorio di Scienze biologiche dell’Istituto Salk. Non mancano, però, le critiche nella comunità scientifica mondiale e sulla stessa rivista Cell che ha pubblicato la ricerca. Per Henry Greely e Nita A. Farahany, del Centro per la legge e le bioscienze dell’Università di Stanford, le problematiche riguardano il benessere degli animali e, nel caso specifico, la donazione degli ovociti utilizzati nell’esperimento, la provenienza delle cellule staminali trasferite negli embrioni e, non per ultimo, anche l’impatto sull’opinione pubblica, non sempre favorevole a questo tipo di esperimenti. Esprime dubbi anche il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata, in una dichiarazione rilasciata all’ANSA. Per l’esperto la sperimentazione pone interrogativi “non solo di natura tecnica e scientifica (siamo sicuri che questa sia una strada che porta alla formazione di organi funzionanti?” L’introduzione di cellule staminali embrionali umane nella blastocisti di un macaco rappresenta, inoltre, una violazione delle line guida di bioetica, visto che, come spiega l’esperto italiano, tali cellule chimeriche potrebbero produrre embrioni-chimera, e dunque feti, dei quali non sappiamo niente.