Abbandonate in seguito al disastro nucleare, le mucche hanno adottato una rigida gerarchia sociale unendosi in una mandria con un’organizzazione ben precisa.
La zona di esclusione di Chernobyl, ufficialmente disabitata dopo l’esplosione della centrale nucleare, continua a fornire informazioni preziose ai biologi di tutto il mondo. In uno studio realizzato dagli esperti della ”Riserva della Biosfera Radioecologica di Chernobyl” un team di esperti ha analizzato il comportamento dei bovini abbandonati dopo il disastro nucleare del 26 aprile del 1986. Nel corso degli anni gli animali sono diventati ”selvatici” a tutti gli effetti organizzandosi in una mandria con comportamenti molto diversi da quelli osservati negli animali domestici. Le mucche selvatiche, in pratica, si sono unite in un gruppo organizzato, nel quale vige una rigida gerarchia e si sono adattate perfettamente alle condizioni climatiche della zona. Nella mandria i vitelli vengono tenuti nella zona più sicura del gruppo sotto la protezione delle femmine mentre il toro più anziano e più forte non scaccia i giovani maschi, ma li mantiene nel gruppo proteggendoli dai predatori, a patto che non ne contestino la leadership.
Nel valutare le condizioni di salute e la capacità di adattamento del bestiame, gli esperti hanno anche notato che i giovani animali riescono a resistere in maniera ottimale al freddo. Grazie ai dati raccolti, gli esperti sono riusciti a ricostruire il ruolo nell’ecosistema e le abitudini dei loro antenati selvatici: gli Uros eurasiatici (“Bos primigenius” o “Bos taurus primigenius”). A giudicare dalla mandria selvaggia di Chernobyl, anche gli Uros eurasiatici, estinti nel XVII secolo, si raggruppavano in mandrie con un’organizzazione precisa e che li proteggeva dai predatori più temibili presenti in natura: i lupi. Nonostante ciò, scomparvero per sempre in seguito alla distruzione delle foreste e alla caccia degli uomini.