Scoperte tracce di mercurio nella Fossa delle Marianne: portato dalle carcasse dei pesci

Nella Fossa delle Marianne ci sono ‘tracce’ dell’uomo e non è una buona notizia. Infatti se fino ad oggi si riteneva che il mercurio, metallo altamente tossico frutto delle attività umane, si trovasse a profondità non superiori ai 1000 metri negli oceani, due nuovi studi ne hanno accertata la presenza anche a quasi 11.000 metri di profondità. Un brutto segnale che conferma come il mercurio liberato dall’uomo vada di fatto a depositarsi anche nei più remoti fondali oceanici, ‘sfruttando’ le carcasse dei pesci. Ricordiamo che sono le centrali a carbone ma anche cementifici, estrazioni minerarie ed inceneritori a liberare in aria il più alto quantitativo di mercurio con una stima di circa 2000 tonnellate l’anno che vanno a depositarsi sia sulla terraferma che sulla superficie degli oceani dove arriva via pioggia o trasportato dal vento o dalle correnti dei fiumi. Qui avviene una vera e propria conversione del mercurio in metilmercurio che va poi ad accumularsi nell’organismo degli animali marini. Secondo quanto emerso da un primo studio si ipotizzava che fossero microparticelle di materia organica formate da materia fecale o da residui di plancton oceanico a portare il mercurio nelle fosse oceaniche. Ma un secondo studio pubblicato su Pnas cambia le carte in tavola: si ritiene che siano le carcasse dei pesci che vivevano vicino alla superficie le responsabili del trasporto del mercurio a così grandi profondità.

Analizzando la composizione isotopica del metilmercurio estratto da alcune carcasse di pesci e crostacei trovate nella Fosse delle Marianne e nella Fossa delle Kermadec, a quasi 11.000 metri di profondità, gli scienziati dell’Università del Michigan sono riusciti ad avere la conferma della presenza di mercurio, lo stesso che avvelena i pesci che vivono vicino alla superficie del Pacifico, a 500 metri di profondità. Scoprendo inoltre che è differente da quello che gli organismi planctonici trasportano sui fondali.