E’ un buco dalle dimensioni record quello avvistato dagli strumenti satellitari sulla banchisa antartica, ad una distanza considerevole dal bordo. Un fenomeno dalle dimensioni impressionanti, ma che non rappresenta affatto una novità per il continente antartico. Circa quarantanni fa, infatti, un gigantesco buco, con dimensioni ancora maggiori, fu osservato nella stessa area. Conosciuti con il termine russo polynia, ovvero ”buco nel ghiaccio”, queste formazioni sono particolarmente utili per l’esplorazione dei ghiacci, per la regolamentazione del clima e dell’ecosistema dell’area. Ma come si formano queste enormi aperture?
In pratica è una corrente calda che risale verso l’alto a riscaldare il ghiaccio superficiale portando al suo scioglimento. La polynia antartica avvistata in queste ore appare sorprendentemente simile al buco registrato negli anni settanta, anche se all’epoca le dimensioni apparivano decisamente maggiori, pari a 250mila chilometri quadrati contro gli 80mila di oggi. A confermare la ciclicità del fenomeno è il National Snow and Ice Data Center di Boulder che ha confermato come negli ultimi quindici anni, la formazione fosse riapparsa frequentemente, ma con un’estensione molto limitata. Insomma il fenomeno della polynia non sembra avere alcun tipo di collegamento con il riscaldamento globale anche se i meccanismi che ne inducono la crescita appaiono ancora ignoti.