Coronavirus e vaccino di Oxford: non è vero che i macachi si sono ammalati

Dopo le buone notizie è arrivata una vera e propria doccia fredda nella non facile battaglia degli scienziati alla ricerca di un efficace vaccino contro il coronavirus. Fortunatamente smentita nelle ore successive alla sua diffusione da parte del Telegraph. Il vaccino prodotto ad Oxford, considerato ad oggi uno dei probabili vaccini da somministrare all’uomo ed in fase di test sulle scimmie, potrebbe (si leggeva nel relativo articolo) avere un grave effetto collaterale e sembrerebbe dunque inefficaci. Secondo quanto riportato da Oxford, i macachi ai quali è stato somministrato ChAdOx1 si sarebbero ammalati. Ma non è così e riportiamo di seguito la relativa smentita:

Nessuno degli animali vaccinati ha contratto la polmonite da Covid-19. Lo precisa l’azienda italiana IRBM, che collabora con lo Jenner Institute della Oxford University per la messa a punto di un vaccino contro il SarsCov2 del quale è in atto la sperimentazione di 1.000 volontari. La precisazione si riferisce ad una notizia pubblicata dal quotidiano inglese Telegraph e ripresa da Il Fatto Quotidiano.

Come sottolinea IRBM, “è stato pubblicato un preprint nel quale sono riportati gli studi effettuati sui macachi sulla base dei quali è stato approvato dall’Agenzia regolatoria inglese il piano di sperimentazione clinica sull’uomo del candidato vaccino. I dati mostrano inequivocabilmente che gli animali non vaccinati presentavano chiare prove di polmonite virale all’autopsia, ma nessuno di quelli vaccinati aveva invece contratto la polmonite”.

Secondo l’azienda, “è importante sottolineare che non è stata osservata alcuna evidenza di malattia immunitaria potenziata a seguito di una sfida virale negli animali vaccinati”. Sulla base di tali risultati e degli studi attualmente in corso, sottolinea IRBM, “il Governo inglese ha deciso di supportare con un ulteriore finanziamento il progetto in corso di sperimentazione su cinquecentodieci volontari sani in Inghilterra”.

Qualora l’iter della sperimentazione di fase 1 in atto, alla fine del mese di maggio, dovesse concludersi senza evidenziare problemi, sottolinea IRBM, si procederà alla fase finale della sperimentazione clinica sottoponendo a vaccinazione cinquemila volontari sani. In questo caso la risposta definitiva si prevede che arrivi alla fine di settembre 2020.

Ma ci sono anche buone notizie da un’altra sperimentazione, quella della società statunitense Moderna in collaborazione con National Institutes of Health, uno degli otto che ha avviato la sperimentazione sull’uomo. Risultati che però devono ancora essere confermati poichè non sottoposti ad una revisione indipendente.