Coronavirus e lavoro, nuova ordinanza: le regole in Lombardia

La fase 2 dell’emergenza coronavirus si continua a portare avanti a colpi di decreti ed ordinanze. Per quanto riguarda la Lombardia, la regione italiana più colpita e con il maggior numero di contagi e decessi, è stata firmata dal governatore Attilio Fontana un’ordinanza nella serata del 13 maggio che va ad inserire regole più stringenti rispetto alle normative nazionali. Si prevedono infatti una serie di restrizioni rivolte ai datori di lavoro nei confronti dei dipendenti allo scopo di garantire la tutela della loro salute. Le prescrizioni, valide a partie dal 18 maggio, prevedono il controllo della temperatura corporea prima dell’accesso al luogo di lavoro da parte del datore stesso o di un suo delegato. Un’operazione che, si legge nell’ordinanza, deve essere effettuata anche qualora, nel corso della giornata lavorativa, il lavoratore dovesse presentare sintomi riconducibili ad un’infezione respiratoria come raffreddore, tosse o congiuntivite. In questo caso, qualora la temperatura dovesse risultare superiore a 37,5 gradi, non potrà restare sul luogo di lavoro ma essere isolato in una stanza. Dovrà essere il datore di lavoro a comunicare il tutto all’ATS del territorio, attraverso il medico competente o l’ufficio del personale. Tutte le indicazioni verranno fornite dall’ATS e la persona con la febbre dovrà attenersi scrupolosamente ad esse.

Nell’ordinanza si raccomanda la misurazione della temperatura corporea anche a clienti/utenti prima del loro accesso, non consentito qualora risultasse superiore a 37,5 gradi. Si raccomanda inoltre il download e l’utilizzo dell’app AllertaLom, e la compilazione quotidiana del questionario CercaCovid da parte del datore di lavoro e del personale. L’ordinanza si conclude sottolineando che: “Per gli aspetti non diversamente disciplinati dall’ Ordinanza, rimane in vigore quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020. Il mancato rispetto delle misure indicate nell’ Ordinanza è sanzionato secondo quanto previsto dall’art. 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19”.