Coronavirus: l’OMS spiega il mistero dei ‘casi di ritorno’

L’espulsione delle cellule morte all’origine dei casi di ritorno.

Potrebbe essere risolto il ”mistero” delle persone guarite dal Coronavirus e risultate nuovamente positive. A renderlo noto è l’Organizzazione Mondiale della Sanità in un comunicato in cui spiega come in molti casi i soggetti positivi e, poi guariti, continuino ad espellere le cellule polmonari morte in tempi successivi. Insomma dei “falsi positivi”, probabilmente non infettivi, provocati dal materiale residuo espulso dal corpo. Secondo gli esperti dell’OMS, intervistati dal Mail Online, una volta che il virus è stato disattivato dal sistema immunitario non è più infettivo anche se i tamponi possono risultare positivi. “Siamo consapevoli che alcuni pazienti risultano positivi dopo il recupero clinico – ha dichiarato un portavoce dell’OMS – ma secondo i dati in nostro possesso, i risultati dei test sono dovuti ai materiali espulsi dai polmoni nella fase di recupero.”

Coronavirus: l’OMS spiega il mistero dei ‘casi di ritorno’

Resta da comprendere la questione dell’immunità. ”Per alcuni virus, come il morbillo – aggiungono gli esperti – i soggetti che lo contraggono sono immuni per sempre, mentre per altri coronavirus come la SARS, l’immunità dura da pochi mesi a un paio di anni.’‘ Secondo i dati, le persone infette da SARS-CoV-2, accumulano anticorpi a partire da circa una settimana dopo l’infezione o l’insorgenza dei sintomi, ma non è ancora chiaro se il corpo costruisca sufficientemente all’immunità per prevenire un nuovo attacco da parte del virus. ”Mentre i polmoni guariscono – ha spiegato l’epidemiologa Maria Van Kerhove, esperta del Programma delle emergenze sanitarie dell’OMS – alcune cellule morte vengono espulse dal corpo. Non è un virus infettivo, non è una reinfezione, ma rientra nel processo di guarigione“.